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Il segretario generale Onu, Ban Ki-moon, ha spiegato alla Cop 22 che senza lo stanziamento di fondi è cruciale per la lotta ai cambiamenti climatici
“I finanziamenti e gli investimenti sono la chiave per la creazione di società resilienti, capaci di minimizzare le emissioni di gas a effetto serra”. Il che, tradotto, significa che i governi devono mettere mano al portafoglio se vogliono davvero far sì che la lotta ai cambiamenti climatici possa essere fruttuosa. A spiegarlo è stato il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, in un intervento tenuto nel corso della Conferenza mondiale sul Clima (Cop 22) di Marrakech.
Nel discorso – che è stato letto dal suo Consigliere speciale per i cambiamenti climatici, Bob Orr – il numero uno dell’Onu ha ricordato infatti che uno degli obiettivi dell’Accordo di Parigi è di rendere i flussi finanziari compatibili con uno sviluppo sostenibile. Un anno fa, nella capitale francese, i governi avevano riaffermato la loro promessa avanzata già nel 2009 di investire 100 miliardi di dollari all’anno entro il 2020.
La necessità di trovare in fretta il denaro necessario alla transizione energetica ed ecologia, utile per consentire alle nazioni che più saranno colpite dai cambiamenti climatici di adattarsi agli stessi, è stata d’altra parte confermata anche dal presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim. Che ha anzi rincarato la dose: “Anche se otterremo i 100 miliardi di cui si parla, ciò non sarà sufficiente per raggiungere gli obiettivi che ci siamo fissati”.
Sono soprattutto i paesi del sud del mondo che dovranno beneficiare degli aiuti – anche dal punto di vista del trasferimento di tecnologie – al fine di modificare le proprie infrastrutture in senso ecologico. Ban Ki-moon, nel corso di un summit dei capi di stato e di governo organizzato dal re del Marocco Mohammed Vi, ha ricordato che “in Africa, rispetto alla media mondiale, la crescita della temperatura media è più elevata. Non a caso, sui 50 paesi più colpiti dai cambiamenti climatici, 36 fanno parte di questo continente”.
Tuttavia, ha concluso il segretario generale delle Nazioni Unite, “l’Africa presenta anche un enorme potenziale, che potrebbe consentirle di diventare leader mondiale delle energie rinnovabili, grazie alle vaste risorse solari, eoliche e geotermiche”. Ciò a condizione che “i partner dei paesi sviluppati e in via di sviluppo intensifichino gli investimenti e garantiscano assistenza tecnica”.
Nel frattempo, a Marrakech non si placano le polemiche legate all’effetto-Trump. Citato dall’agenzia Bloomberg, il vice-ministro degli Esteri della Cina, Liu Zhenmin, ha ricordato al nuovo presidente americano che furono proprio i suoi predecessori repubblicani ad avviare i primi colloqui sul clima, negli anni Ottanta: “Se guardiamo alla storia dei negoziati climatici – ha spiegato il dirigente cinese – ebbene tutto ebbe inizio con il sostegno delle amministrazioni Reagan e Bush…”.
Anche Mariagrazia Midulla, responsabile dei programmi per il clima del Wwf Italia, ha commentato da Marrakech: “Ho letto nei giorni scorsi che la delegazione americana a Marrakech avrebbe dichiarato di voler tornare in patria per prendere ordini. Ora, il presidente eletto americano non ha nessuna voce in capitolo sino al 20 gennaio, quando si insedierà, quindi è escluso che una delegazione ufficiale torni in patria per prendere ordini da un presidente non in carica”. Inoltre, “l’inviato speciale Usa sul clima, Jonathan Pershing, ha tenuto una conferenza stampa, ripresa da tutte le agenzie internazionali, in cui ha detto che il mondo andrà avanti, con o senza gli Usa”.
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