La Camera alta del parlamento russo ha approvato l’autorizzazione a Putin per usare le forze armate all’estero.
I paesi occidentali stanno varando i primi pacchetti di sanzioni, consci però che ne subiranno una serie di conseguenze.
Secondo alcuni analisti la Russia non vuole una guerra ma solo alzare la pressione, per altri l’obiettivo è la conquista di tutta l’Ucraina.
Dopo settimane di previsioni, annunci e smentite, la crisi ucraina è definitivamente esplosa. Il presidente russo Vladimir Putin in un discorso alla nazione ha ufficialmente riconosciuto l’indipendenza delle due autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk (Dpr) e Lugansk (Lpr), con cui ha siglato un patto di amicizia che, tra le altre cose, consente l’ingresso di truppe di Mosca in territorio ucraino con “compiti di peacekeeping”. Un corrispondente del quotidiano francese Le Figaro ha pubblicato un filmato che mostra mezzi militari “in direzione di Donetsk” sulla strada che porta dalla frontiera di Uspenka alla città ucraina, senza tuttavia precisare il luogo esatto nel quale è stato girato il filmato. Lo stesso giornale precisa che la presenza dei blindati “sembra verosimilmente il preludio” all’ingresso dell’esercito russo sul territorio separatista. Lasciando intendere, dunque, che l’invasione non sarebbe ancora cominciata.
Mentre continuano gli scontri tra le forze ucraine e le milizie separatiste filorusse, la svolta delle ultime ore ha portato l’Occidente ad annunciare le prime sanzioni contro la Russia e una guerra su più ampia scala è ora molto più di un’eventualità.
La svolta (negativa) della crisi ucraina
Nella serata del 21 febbraio è il presidente russo Vladimir Putin ha firmato due decreti ad hoc, che gli consentono di dare il via ad un’operazione militare nel paese europeo. Secondo l’Ocse, si tratta di una “violazione del diritto internazionale”. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres ha parlato di “un attacco alla sovranità dell’Ucraina”. Intanto la Camera alta del parlamento di Mosca ha confermato il voto della Duma, approvando definitivamente i decreti e autorizzando così Putin ad usare le forze armate all’estero.
I territori di Donetsk e Lugansk fanno parte dell’Ucraina, ma dal 2014 sono occupati da separatisti filorussi: una reazione ai moti di piazza dell’Euromaidan che avevano portato al potere un governo filoeuropeista indigesto alle comunità russofone del paese, oltreché allo stesso Putin. Dopo otto anni di una guerra che non si è mai fermata e che ha causato oltre 14mila morti, inframezzata da diversi referendum più o meno riconosciuti dalla comunità internazionale, stavolta il presidente russo sembra aver deciso di risolvere in modo unilaterale la questione. Nelle ultime settimane sono stati schierati circa 160mila militari al confine, una forma di pressione tanto sull’Ucraina quanto sull’Occidente, reo secondo Mosca di stare allargando in modo esasperato i suoi tentacoli su un’area considerata storicamente sotto l’influenza russa.
Il riconoscimento delle due repubbliche autoproclamate da parte russa costituisce una violazione degli Accordi di pace di Minsk del 2015, in cui non era ipotizzata questa eventualità. Stesso discorso per il possibile uso di mezzi militari in territorio ucraino. D’altra parte, Putin ha dichiarato che “quegli accordi non esistono più”. Intanto sul terreno non si è mai smesso di combattere tra l’esercito di Kiev e le milizie separatiste filorusse, che sono cosa distinta (sebbene legata) rispetto all’esercito di Mosca. Due soldati ucraini sono morti il 21 febbraio negli scontri con i ribelli, mentre i feriti sono stati dodici. Tra il 18 e il 20 febbraio nell’area orientale dell’Ucraina poi sono state registrate 2.158 violazioni del coprifuoco, il quadruplo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Che cosa possiamo aspettarci ora dalla crisi ucraina
Il dilemma sulla reazione internazionale all’azione russa delle ultime ore dipendeva dal fatto se considerarla o meno “un’invasione”. E dopo un giorno di riflessioni la Casa Bianca ha stabilito che sì, quella di Putin è definibile come tale. Questo fa pensare che l’Occidente userà il pugno di ferro, almeno dal punto di vista delle sanzioni.
La Gran Bretagnale ha già imposte ad alcune banche e personalità dall’elevato profilo economico. Mentre il presidente italiano Mario Draghiha dichiarato: “Stiamo già definendo misure e sanzioni contro la Russia nell’ambito dell’Unione europea”. La Francia ha poi annunciato che verranno introdotte “sanzioni adeguate e mirate contro gli interessi russi” e che in caso Putin prosegua per la sua strada esse verranno rincarate. La Germaniaha sospeso il processo di approvazione del gasdotto Nord stream 2, che avrebbe dovuto portare l’energia nel paese e nel resto d’Europa. L’Unione europea sta discutendo sui primi pacchetti di sanzioni, che colpiranno banche, politici, esponenti militari e chiunque sia in qualche modo legato alle attività russe nell’Ucraina orientale. Gli Stati Uniti stanno lavorando assieme ai partner europei sul tema, consci che però tali sanzioni potrebbero essereun’arma a doppio taglio, vista la potenza russa e la sua importanza economico-commerciale sotto alcuni punti di vista, come quello energetico.
La Russia può resistere a lungo grazie a imponenti riserve
C’è da chiedersi inoltre quale sia la reale capacità di tali sanzioni di fungere da deterrente per il prosieguo dell’escalation militare da parte di Mosca. Va infatti ricordato che anche nel 2014 vennero adottate misure di questo genere, e ciò non impedì il conflitto. Inoltre, il settore finanziario russo risulta attualmente particolarmente florido e robusto. Basti pensare che, anche grazie alla crescita dei prezzi delle materie prime, le riserve accantonate dalla Russia sono stimate in circa 630 miliardi di dollari. Ciò dovrebbe voler dire due cose, principalmente. Innanzitutto, che Mosca potrebbe essere in grado di “resistere” a lungo, anche nel caso di un conflitto armato prolungato. In secondo luogo, si può supporre che Putin abbia preparato da molto tempo lo scenario attuale.
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Intanto gli analisti cercano di capire cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane. Secondo alcuni la mossa di Putin farebbe parte della stessa strategia della pressione che ha caratterizzato le ultime settimane: un modo insomma per mettere alla strette l’Occidente e cercare di ottenere il più possibile dal punto di vista diplomatico. Qualcosa di simile era successo nel 2008 in Georgia e nel 2014 in Crimea e in quel caso non ne era derivata una guerra. Il direttore dell’European council on foreign relations, Carl Bildt, è invece convinto che il presidente russo punti a conquistare tutta l’Ucraina. In questo caso, ma in realtà anche nel primo, ci potrebbe essere una dura reazione militare di Kiev, appoggiata dall’Occidente dal punto di vista logistico e non solo. A quel punto lo scenario di una guerra aperta, con il coinvolgimento diretto di altri paesi guidati dagli Stati Uniti, sarebbe una realtà.
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