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Dal 2009 al 2015 la Croazia ha affrontato il problema dell’inquinamento del mare derivante dal turismo eccessivo. Ecco come e con quali risultati.
Rovinj, Meleda, Krk, Lesina, Dubrovnik, Bol. La Croazia pullula di località balneari rinomate. E per questo il litorale, ogni estate, è preso d’assalto dai visitatori provenienti da tutto il mondo. L’industria turistica è da anni in pieno sviluppo e rappresenta un autentico pilastro dell’economia nazionale. Ma tutto ciò ha un impatto sull’ambiente, ed in particolare sul mare.
A lungo lo sversamento di acque usate nell’Adriatico, infatti, è stato effettuato in modo diretto e senza alcun trattamento preventivo. Il che ha comportato una minaccia diretta per l’equilibrio dell’ecosistema marino. È per questo che le autorità della Croazia, nel 2009, hanno lanciato un “Progetto di lotta contro l’inquinamento delle città costiere”. Il programma, terminato nel 2015, ha permesso di porre fine alle pratiche di scarico indiscriminato, ha consentito di testare soluzioni innovative e di migliorare il monitoraggio della qualità dell’acqua.
Molte case costruite sulla costa sversavano le acque usate direttamente in mare senza alcun trattamento“Soltanto l’eliminazione delle fonti di inquinamento avrebbe potuto permettere di preservare il mare e ridurre i rischi sanitari”, ha spiegato sul proprio sito la Banca mondiale, che ha finanziato il progetto con 87,5 milioni di dollari, ai quali si sono aggiunti i 6,4 milioni del Global Environment Facility. Il resto, fino ad un totale di 175 milioni, è stato pagato dal governo di Zagabria.
In termini concreti, sotto la direzione del ministero della Protezione ambientale e dell’Agenzia nazionale idrica (Hrvatske vode), gli interventi hanno riguardato 23 comuni e complessivamente 230mila abitanti. Sono state aperte quattordici nuove stazioni di depurazione di ultima generazione, “che funzionano unicamente grazie a dei microrganismi biologici, null’altro. Un processo totalmente ecologico”, ha precisato Branka Viduka, tecnico del sito costruito a Zara, in Dalmazia.
È stata poi costruita una rete di raccolta di dati lunga 162 chilometri, incrementato la raccolta di acque usate e non trattate dal 29 per cento del 2009 al 72 per cento del 2016. Sono state inoltre installate dodici sonde sottomarine. “I tanti edifici costruiti sul litorale ma non raccordati alla rete e che pertanto sversavano direttamente in mare le acque usate – ha affermato Alenka Turkovic, specialista dell’impianto di depurazione di Abbazia, in Istria – rappresentavano uno dei principali problemi. Con la costruzione delle stazioni di depurazione, i turisti possono ora tuffarsi in coste perfettamente pulite”.
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