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Grazie a una tecnica messa a punto dall’Enea, gli scarti dei limoni diventano nutraceutici volti a prevenire obesità, diabete e disturbi cardiovascolari.
Dalla Sicilia, patria dei limoni, arriva la conferma delle tante proprietà benefiche di questo agrume. Dei limoni, infatti, non si butta via niente. Quelli biologici, per esempio, hanno la buccia edibile e rappresentano una vera miniera di vitamine. E a tavola sono un alleato prezioso per ricette fresche, sane e nutrienti.
Secondo gli studi dei ricercatori della Navhetec, start up innovativa e spin off dell’Università di Palermo, dagli scarti dei limoni, si ottengono nanovescicole vegetali (ovvero mini sacchetti di 50 e 70 nm, detti esosomi, che le cellule usano per comunicare tra loro) adatte a produrre integratori e nutraceutici.
Sembra, infatti, che il “pastazzo”, ovvero lo scarto degli agrumi di difficile smaltimento per le industrie produttive, sia ricco di vitamine, acidi organici, sali minerali, amminoacidi, proteine e polifenoli, e per questo l’avanzo di polpa, bucce e semi di limoni sia diventato oggetto di studi per la preparazione di integratori destinati alla cura di alcune patologie.
Insieme all’Agrumaria Corleone, azienda del 1890 attiva nella valorizzazione della qualità degli agrumi di Sicilia e alla startup Navhetec, l’agenzia di ricerca Enea ha brevettato una metodologia per ottenere dagli scarti dei limoni nanoparticelle ricche di molecole biologicamente attive, valorizzando così un sottoprodotto di scarto e trasformandolo in un prodotto nutraceutico.
Punto di partenza sono stati, appunto, gli studi effettuati, in vivo e in vitro, da Navhetec che “già nel 2015 hanno dimostrato una forte azione di riduzione della crescita di cellule tumorali”, oltre agli studi in corso che “ne evidenziano le proprietà antinfiammatorie”, spiega l’Enea. “Nel 2019, a seguito della sperimentazione del sistema brevettato su alcuni volontari sani, è emersa una riduzione di alcuni fattori di rischio cardiovascolare, quali colesterolo-Ldl e circonferenza vita”, specifica l’agenzia di ricerca.
La metodologia brevettata si basa sull’utilizzo della tecnologia “separazione su membrana”, una tecnica messa a punto dall’Enea, abbinata a successive fasi di incapsulamento ed essiccazione attraverso quella che viene chiamata tecnologia di spray-drying o essiccazione a spruzzo. In questo modo dagli scarti e dai sottoprodotti ottenuti durante la lavorazione del limone si ottengono delle piccolissime sfere ricche di composti bioattivi come acidi nucleici, polifenoli, lipidi e proteine chiamate nanovescicole.
“Il brevetto, utile anche per la formulazione di cibi e bevande con proprietà nutraceutiche, si ispira al principio zero waste nei processi produttivi”, dice Paola Sangiorgio, ricercatrice del Laboratorio bioprodotti e bioprocessi del Centro ricerche Enea della Trisaia, “ed è in grado di rispondere sia a esigenze ambientali che economiche, legate da una parte all’abbattimento dei costi di smaltimento e dall’altra alla trasformazione degli scarti agroindustriali in bioprodotti ad alto valore aggiunto“.
Il brevetto, come specifica l’Enea, è applicabile anche ad altre matrici vegetali e consente di ottenere un prodotto di facile dosaggio ed utilizzo, ad alta stabilità e conservabilità, facilmente trasferibile su scala industriale, con costi e tempi di produzione ridotti rispetto alle tecniche tradizionali di ultracentrifugazione.
Questo progetto fa parte delle attività di ricerca e sviluppo che l’agenzia di ricerca porta avanti all’interno dei programmi per il miglioramento e la sostenibilità dei processi di produzione e l’applicazione dei principi di economia circolare attraverso l’impiego degli scarti agroalimentari per ottenere nuovi materiali da utilizzare nei settori food e no-food.
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