
L’aumento delle temperature combinato all’innalzamento dei livelli di anidride carbonica nell’aria, causerebbe una maggiore concentrazione di arsenico nel riso, con effetti tossicologici in chi lo consuma.
Sembra quasi scomparso (con rare eccezioni) dalle abitudini alimentari dell’”uomo della strada”, eppure l’accostamento dolce e salato ha caratterizzato secoli, se non millenni, di storia, in tutta l’area mediterranea e non solo. Il gusto dolce e quello salato, che noi oggi tendiamo a considerare poco compatibili tra loro, erano un tempo legati e armonizzati in
Sembra quasi scomparso (con rare eccezioni) dalle abitudini
alimentari dell'”uomo della strada”, eppure l’accostamento
dolce e salato ha caratterizzato secoli, se non millenni, di storia,
in tutta l’area mediterranea e non solo. Il gusto dolce e quello
salato, che noi oggi tendiamo a considerare poco compatibili tra
loro, erano un tempo legati e armonizzati in moltissime ricette,
forse nella maggior parte delle preparazioni. Negli ultimi secoli
la gastronomia europea si è sempre più orientata su
una distinzione netta tra piatti dolci e piatti salati, e si
è creata ad esempio una tradizione pasticciera in cui il
sapore dolce è sempre (o quasi) netto e spiccato, a
differenza di quanto accadeva nei secoli passati.
Gli antichi Romani, che di raffinatezze gastronomiche se ne
intendevano, erano maestri nell’accostare tra loro questi due
sapori: Apicio, il cuoco Romano per eccellenza, legava tra loro con
disinvoltura una grande varietà di sapori e di aromi, con
una fantasia e una ricchezza sensoriale che ancora oggi lascia
stupiti per la sua creatività. Dai classici arrosti di carne
conditi con miele, alle verdure cotte con miele o con mosto cotto,
fino all’estrema raffinatezza della cucina dell’antica Roma: il
garum, una salsa salatissima a base di pesce ed erbe aromatiche,
che veniva usata per condire piatti dolci e non.
L’accostamento dolce/salato è rimasto ampiamente presente
nelle gastronomie italiane nel Medioevo e nel Rinascimento, e ha
lasciato tracce fino ai giorni nostri, soprattutto nelle cucine
regionali. Nell’Italia del ‘400 sulle tavole dei ricchi lo
zucchero, che ha da poco sostituito il miele come dolcificante,
è praticamente onnipresente in ogni pietanza, grazie anche
ai dettami medici del tempo che lo considerano particolarmente
benefico. Un classico accostamento ad esempio era quello dei legumi
con lo zucchero, come nel caso della minestra di piselli con carne
salata e zucchero, o come le “finte fave”, bucce di fave riempite
con pasta di mandorle e servite in un brodo di carne e cipolle.
Ma la tradizione dolce/salato è rimasta soprattutto nelle
cucine regionali (lombarda, siciliana, campana e così via),
con alcune ricette che sono sopravvissute ai mutamenti culturali e
sono diventate dei veri e propri “classici” della gastronomia,
esempio di grande raffinatezza ed equilibrio di sapori. Per citarne
solo alcune: i tortelli lombardi, ripieni di zucca, amaretti, cedro
candito e mostarda di frutta, conditi con burro e parmigiano;
l’impanata di pesce spada alla siciliana, in cui il pesce è
all’interno di una crosta di pasta frolla dolce; i pasticcetti
rustici napoletani, sempre di pasta frolla ma ripieni di ricotta
condita con sale, pepe e pezzetti di salame; le melanzane al
cioccolato, tipiche della costiera amalfitana.
Francesca Marotta
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