Secondo il dossier Stop Pesticidi nel piatto 2025 di Legambiente, su 4.682 campioni di alimenti, il 48 per cento contiene residui di sostanze chimiche.
Gli scienziati stanno indagando su come e perché i dolcificanti artificiali possono agire sul microbiota e influenzare le funzioni metaboliche.
Chi vuole eliminare lo zucchero, magari anche solo per perdere peso, talvolta ricorre ai dolcificanti artificiali. Ma così come è vero che ridurre il consumo di zucchero apporta in generale benefici per la salute, è altrettanto vero che sostituirlo con i dolcificanti artificiali può non essere la scelta migliore da fare. Lo dimostrano diversi studi, l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, è degli scienziati della Ben-Gurion University in Israele pubblicato a settembre sull’International journal of molecular sciences e secondo cui i dolcificanti artificiali possono interferire con il microbiota intestinale.
L’analisi parte dal presupposto che “benché i dolcificanti siano etichettati come sicuri e benefici, non si conoscono i loro effetti sul microbiota intestinale”. Lo studio ha quindi indagato come essi interagiscono sul sistema di comunicazione molecolare (quorum sensing) dei microrganismi intestinali da cui dipendono le funzioni metaboliche. Dalle osservazioni è emerso che l’aspartame, il sucralosio e la saccarina non sono battericidi, ma inibiscono alcuni batteri in modo significativo influenzando l’equilibrio della comunità microbica e, di conseguenza, il funzionamento del metabolismo.
Secondo un altro studio, effettuato dai ricercatori della Anglia Ruskin university di Cambridge pubblicato lo scorso giugno sempre sull’International journal of molecular sciences, i dolcificanti possono, non solo modificare il tipo e il numero di batteri intestinali, ma anche rendere i batteri patogeni, dunque causa di infezioni. “Il nostro studio è il primo a dimostrare che alcuni dei dolcificanti più comunemente presenti negli alimenti e nelle bevande – saccarina, sucralosio e aspartame – possono rendere patogeni i batteri intestinali normali e “sani” – ha affermato Havovi Chichger, tra gli autori dello studio”. Gli esperimenti in vitro condotti utilizzando due batteri modello (Escherichia coli e Enterococcus faecalis) hanno mostrato un aumento della capacità dei batteri intestinali di aderire e invadere l’epitelio con il rischio di causare danni all’intestino.
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