
A maggio, Shanghai registra una media di 36,1 gradi. Battuto il precedente record di 35,7 gradi stabilito l’ultima volta nel 2018.
Il rapporto annuale del Global Carbon Project indica in 36,8 miliardi di tonnellate le emissioni di CO2 alla fine del 2019. Mai così alte nella storia.
Le emissioni mondiali di CO2 continuano ad aumentare. E raggiungeranno un nuovo record nel 2019. A confermarlo è il rapporto annuale del Global carbon project, consorzio di decine di scienziati e laboratori internazionali, pubblicato mercoledì 4 dicembre.
Mentre a Madrid è in pieno svolgimento la Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite, la Cop 25, dalla comunità scientifica arriva dunque un nuovo allarme. Nonostante le promesse di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, infatti, i sistemi economici di tutto il mondo hanno continuato ad aumentarne il quantitativo disperso nell’atmosfera. Il fatto che tale incremento sia risultato leggermente inferiore rispetto al 2018 rappresenta una magra consolazione.
NEW – Analysis: Global fossil-fuel emissions up 0.6% in 2019 due to China | @hausfath @Peters_Glen @gcarbonproject https://t.co/oEAk79gonR #COP25 pic.twitter.com/iQSsWFri10
— Carbon Brief (@CarbonBrief) December 4, 2019
Anche perché le Nazioni Unite hanno spiegato a chiare lettere che, se si vorrà limitare la crescita della temperatura media globale ad 1,5 gradi centigradi, alla fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali, occorre diminuire da subito, e fortemente, le emissioni di CO2. Del 7,6 all’anno fino al 2030, quando dovrà essere centrato un calo complessivo del 55 per cento. I risultati del Global Carbon Project sono stati riassunti in un atlante interattivo che fornisce informazioni su ciascun paese del mondo. Complessivamente, nel mondo si dovrebbero raggiungere alla fine dell’anno i 36,8 miliardi di tonnellate, battendo così il record del 2018.
L’Italia, ad esempio, risulta il 19esimo stato al mondo per quantità di emissioni disperse nell’ambiente, pari a 338 milioni di tonnellate di CO2. Al primo posto si conferma la Cina, che rappresenta il 28 per cento del totale mondale, con oltre 10 miliardi di tonnellate. È infatti in Cina che i paesi occidentali hanno delocalizzato negli ultimi decenni le loro industrie più inquinanti. Gli smartphone e i computer dai quali state leggendo questo articolo sono stati molto probabilmente fabbricati nella nazione asiatica. Il che significa che le emissioni di CO2 legate alla produzione sono contabilizzate lì, benché l’utilizzo avvenga a casa nostra. Il problema è dunque globale, e necessita un ripensamento complessivo dei nostri consumi.
In termini percentuali, l’aumento percentuale alla fine di quest’anno sarà dello 0,6 per cento, rispetto al 2,1 per cento del 2018 e all‘1,5 per cento del 2017. A contribuire maggiormente al rallentamento è stato, secondo il rapporto, l’uso meno intensivo del carbone come fonte di energia da parte degli Stati Uniti (-11 per cento) e dell’Europa (-10 per cento). Al contrario, in Cina e in India sono stati registrati nuovi aumenti, benché meno importanti rispetto agli anni scorsi.
Coal still keen but losing steam; but emissions from oil and natural gas unabated. Notice the acceleration in natural gas emissions. Global Carbon Budget 2019 Access this figure and many more from https://t.co/Cv6SsbVwu1 pic.twitter.com/Pq1BTMjd72 — GlobalCarbonProject (@gcarbonproject) December 4, 2019
Resta il fatto che “con tali dati, centrare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi diventa una battaglia estremamente difficile da vincere”, ha avvertito Philippe Ciais, uno degli autori dello studio. “Il forte aumento di utilizzo del carbone registrato nel periodo 2000-2010 – ha aggiunto Pierre Friedlingstein, docente dell’università di Exeter, nel Regno Unito, e principale autore dello studio – si è arrestato. Ma da parte della Cina, ad esempio, non arrivano ancora segnali chiari di abbandono di tale fonte”.
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