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Le aziende dovranno dimostrare che i propri prodotti non abbiano contribuito alla deforestazione. Il Parlamento europeo voterà la legge a inizio anno.
Attualmente i consumatori dell’Unione europea non hanno alcuna garanzia che gli articoli nei loro carrelli della spesa non abbiano contribuito alla deforestazione delle foreste tropicali. Ma d’ora in poi tutto questo potrebbe cambiare: il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea hanno finalizzato una legge con la quale si chiede alle aziende che intendono commerciare in territorio europeo di rintracciare i propri prodotti lungo tutta la catena di approvvigionamento, dimostrando di non aver disboscato una qualunque foresta tropicale nel mondo.
Se le aziende di tutto il mondo vorranno continuare a vendere su territorio europeo, dunque, dovranno dimostrare di non aver sfruttato terreni deforestati dopo il 2020. Non tutti i prodotti, però, sono interessati dalla norma: la legge infatti si applicherà alle aziende che vendono soia, manzo, olio di palma, legno, gomma, cacao e caffè e alcuni prodotti derivati come pelle, cioccolato e mobili.
L’accordo tra le istituzioni europee arriva dopo una proposta presentata dal Parlamento a settembre 2022, a partire da un primo progetto della Commissione Europea. Quando il regolamento diventerà legge, questa creerà un grosso impatto sulle importazioni di materie prime, di cui l’Europa è uno dei maggiori consumatori. Ridurre la deforestazione consentirà parallelamente alla riduzione delle emissioni di CO2 e alla protezione della biodiversità.
Secondo il clima politico all’interno delle istituzioni europee, l’approvazione definitiva della legge sulla deforestazione dovrebbe essere una formalità, che verrà attuata dal Parlamento europeo durante la prossima sua sessione plenaria all’inizio del prossimo anno.
Da allora, le aziende dei settori economici coinvolti avranno 18 mesi di tempo per adattarsi alle nuove regole (24 nel caso delle aziende più piccole). Ciò detto, non sarà facile far rispettare la legge in quanto il sistema dei controlli sarà a dir poco complicato: i paesi europei saranno tenuti a controllare il rispetto del regolamento da parte del 9 per cento delle aziende che esportano dai paesi in cui c’è un alto rischio di deforestazione, scelte a campione.
Greenpeace ha specificato che la legge proteggerà le foreste ma non i diritti umani delle popolazioni indigene che vivono in tali aree. Inoltre, sempre secondo l’organizzazione ambientalista, servirebbe una legge analoga per tutelare altri ecosistemi a rischio. Su questo il Parlamento è riuscito a inserire nel testo l’impegno per discutere entro due anni anche della protezione di savane, torbiere e zone umide.
“Si tratta di un importante passo avanti per le foreste” ha detto il portavoce di Greenpeace Ue John Hyland. “Nei prossimi anni, l’Ue deve ampliare la sua attenzione per proteggere la natura nel suo complesso, non solo le foreste, e impedire alle aziende che distruggono la natura non solo di accedere al mercato europeo, ma anche di ottenere prestiti dalle banche europee”.
Infatti, sotto la pressione delle lobby europee – e del governo canadese – gli stati membri dell’Ue hanno adottato una definizione di “degrado forestale” ritenuta da Greenpeace troppo vaga ma soprattutto la proposta del Parlamento europeo di includere le istituzioni finanziarie europee nella nuova legge non è entrata nell’accordo finale. Queste proposte saranno tuttavia riconsiderate in una revisione della legge entro due anni, così come l’inclusione di mais e biodiesel, attualmente non coperti dalla proposta di legge in corso di approvazione.
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