La proposta di togliere la scadenza all’autorizzazione delle sostanze attive dei pesticidi è contenuta in un pacchetto semplificazione della Commissione. Per gli ambientalisti in questo modo il profitto dell’industria prevale sulla salute.
Otto tra le maggiori economie dell’Unione europea hanno generato, da sole, l’80 per cento della deforestazione collegata alle importazioni Ue dai paesi tropicali. L’Italia al secondo posto.
La coltivazione di prodotti tropicali è di frequente all’origine della distruzione delle foreste nei paesi che li producono. Di conseguenza, importando e consumando determinati alimenti, siamo indirettamente responsabili della deforestazione nei paesi tropicali e sub-tropicali. Più precisamente, secondo quanto rivelato da un recente rapporto del Wwf, l’Unione europea, dopo la Cina, è il secondo più grande “importatore di deforestazione” (e delle relative emissioni di gas serra che questa provoca). In particolare l’Italia, in base ai dati del 2017, si è collocata al secondo posto nella classifica degli stati europei meno virtuosi.
“The continuing impact of EU consumption on nature” (Il continuo impatto dei consumi europei sulla natura) è il titolo del report, basato su dati e approfondimenti realizzati dallo Stockholm environment institute (Sei) e sulle analisi del Transparency for sustainable economies-Trase. Secondo i calcoli, nel 2017 le importazione dell’Ue sono state responsabili della deforestazione e trasformazione di 203 mila ettari di terreni naturali, con l’emissione di 116 milioni di tonnellate di CO2. In termini percentuali, l’Ue ha causato il 16 per cento della deforestazione associata al commercio internazionale, superando India (9 per cento), Stati Uniti (7 per cento) e Giappone (5 per cento). Prima dell’Europa, solo la Cina con il 24 per cento di deforestazione causata.
Dal 2005 al 2017, la soia, l’olio di palma e la carne bovina sono stati, in termini quantitativi, i prodotti importati dall’Ue di maggior peso nella deforestazione tropicale, seguiti dai prodotti legnosi prelevati da piantagioni, poi cacao e caffè. Otto tra le maggiori economie europee (nell’ordine: Germania, Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Francia, Belgio e Polonia) hanno generato, da sole, l’80 per cento della deforestazione collegata alle importazioni Ue dai paesi tropicali.
La domanda di questi prodotti da parte dell’Ue non comporta solo la distruzione di foreste tropicali, ma anche di praterie o zone umide. Il report mostra, ad esempio, i legami tra i consumi di soia e manzo e la conversione delle praterie in terreni agricoli, come nei casi di Cerrado in Brasile e del Chaco in Argentina e Paraguay.
Alla luce di queste informazioni, il Wwf ha chiesto che, nella normativa europea per ridurre l’impatto dell’Unione, vengano considerati i diversi tipi di ecosistemi. L’organizzazione non governativa propone quindi che sia garantita la sostenibilità delle materie prime e dei prodotti introdotti in Europa, attraverso la tracciabilità e la trasparenza delle catene di approvvigionamento, nonché con il rispetto dei diritti umani nella raccolta o produzione di materie prime immesse sul mercato europeo.
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