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Esplorare, giocare e scoprire sono le parole chiave di Exploratorium, il museo di San Francisco per comprendere i fenomeni scientifici attraverso esperimenti interattivi.
Il museo Exploratorium di San Francisco, sulla costa ovest degli Stati Uniti, diffonde al grande pubblico la conoscenza scientifica in modo interattivo attraverso il gioco e l’arte dal 1969. Dal 2013 è in un edificio industriale sul molo 15 della zona Embarcadero nella baia di San Francisco dove le postazioni interattive che permettono ai visitatori di sperimentare direttamente i principi della fisica e della scienza sono oltre 500. Con più di un milione di visitatori all’anno è uno dei principali musei della città: un luogo gioioso dove persone di tutte le età possano trascorrere una giornata piacevole ponendosi domande nuove, esplorando, scoprendo e imparando divertendosi.
Exploratorium è stato fondato nel 1969 dal fisico statunitense Frank Oppenheimer, fratello minore del più noto Robert Oppenheimer conosciuto per la sua partecipazione nella costruzione della prima bomba atomica. La visione all’avanguardia di Frank era che per capire i fenomeni della fisica, della matematica e della percezione e appassionarsi ad essi sia indispensabile sperimentarli di persona. Costruì personalmente più di cento postazioni per condurre esperimenti, i quali costituirono il primo nucleo del museo all’interno della sede originale nel Palace of fine arts.
La struttura del molo 15 (Pier 15) è del 1931 ed era rimasta abbandonata finché non è diventata la sede di Exploratorium quando è stata ristrutturata secondo i principi dell’architettura sostenibile grazie all’intervento dello studio di architettura Ehdd. L’edificio è stato scelto tra i dieci migliori progetti di greenbuilding del 2016 dall’American institute of architects (istituto americano di architetti). L’area si estende su 31mila metri quadri e al suo interno sono stati conservati i lucernari a nastro laterali preesistenti sia per l’illuminazione sia per la ventilazione naturale, ed è stato aggiunto un volume vetrato sul lato della baia che offre una vista straordinaria.
Il tetto del museo è ricoperto da un impianto fotovoltaico da 1,3 megawatt e l’acqua della baia è utilizzata per il raffrescamento e il riscaldamento dell’edificio. Per la struttura, che ha ottenuto il certificato LEED platinum, sono stati utilizzati materiali riciclati o a basso impatto ambientale e aspira a raggiungere a breve un consumo di energia pari a zero – net zero energy, Nze – ottenendo la Living building challenge, una delle certificazioni edili più difficili da conseguire nel campo della sostenibilità.
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Il museo è un grande spazio aperto in divenire, dove i “lavori in corso” sono uno stato perenne. Il suo cuore è l’officina dove si realizzano le nuove postazioni interattive e le mostre temporanee, segnalato da un cartello con scritto, “Qui si sta creando l’Exploratorium”. È al centro dell’edificio, non accessibile ma visibile al pubblico e al suo interno ci sono attrezzature come quelle per la lavorazione del legno oltre a trapani, torni, banchi di elettronica, una zona di saldatura ecc. Artisti e scienziati la frequentano e possono costruire prototipi per ottenere un riscontro in tempi brevi da parte del personale e dei visitatori. Le idee possono essere scartate in questa fase o trasformarsi in qualcosa di più duraturo. Anche le mostre temporanee, se funzionano bene, possono diventare permanenti.
Il coinvolgimento degli artisti è fondamentale: il linguaggio emotivo e poetico delle installazioni artistiche arriva diretto al cuore delle persone ed è uno strumento efficace nel percorso di scoperta di fenomeni naturali, scientifici e fisici. In occasione dell’inaugurazione della nuove sede nel 2013 l’installazione Fog bridge (ponte di nebbia) di Fujiko Nakaya, artista giapponese che ha prodotto sculture e ambientazioni con l’uso della nebbia in tutto il mondo, era stata creata per avvolgere l’Exploratorium in un velo di fitta nebbiolina tutti i giorni alle cinque del pomeriggio. “La nebbia che sulla baia di San Francisco non manca nelle mattine d’estate – ha spiegato Nakaya– muta costantemente a seconda di ciò che ha attorno, rivelando e celando i tratti dominanti dell’ambiente. Rende le cose che si vedono invisibili e le cose che non si vedono, come il vento, visibili”.
Le sculture cinetiche di Theo Jansen, artista olandese, sono arrivate al museo nel 2016: macchine al confine tra la creazione artistica e la progettazione ingegneristica. Si chiamano Strandbeest, animali da spiaggia e la mostra era intitolata The dream machines. “Né polline né semi ma tubi di plastica gialla sono il materiale di base di questa nuova forma naturale – ha spiegato Jansen –. Ho creato degli scheletri capaci di camminare nel vento che non hanno bisogno di alimentarsi”. L’installazione ha avuto un grande successo, stimolando una crescita d’interesse da parte soprattutto di bambini e ragazzi ad approfondire la conoscenza dei fenomeni immateriali e invisibili della natura come la nebbia e il vento.
Nel campo del gioco la recente mostra Curious contraptions: featuring cabaret mechanical theatre (Aggeggi curiosi per il teatro meccanico) ha messo in scena affascinanti automi e sculture meccanici, complessi e divertenti, realizzati da 20 artisti.
L’aspetto educativo ha un posto di rilievo nei progetti del museo che produce strumenti di conoscenza accessibili a tutti i livelli. Ad esempio, Ken Finn, educatore scientifico all’Exploratorium, ha realizzato i tutorial Backpack science, una serie di facili e divertenti esperimenti scientifici che i genitori possono realizzare insieme ai figli utilizzando semplici oggetti domestici. Racconta che lui stesso, come padre entusiasta, arruola le sue due figlie per progettare e testare gli esperimenti inseriti nel museo.
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