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Il festival di Yulin non si ferma neanche quest’anno: diecimila cani e gatti verranno macellati in 10 giorni.
Nonostante la pandemia di coronavirus, ricomincia il crudele festival di Yulin. Nemmeno il blocco delle attività economiche, degli eventi e delle manifestazioni in tutto il mondo è riuscito a fermare il festival della carne di cane che si tiene ogni anno a Yulin, una città nel sud della Cina. Secondo le stime dell’organizzazione animalista Humane society international, diecimila anime, tra cani e gatti, vanno incontro anche quest’anno a una fine dolorosa, in nome di una spietata tradizione.
Nel 2010 sono stati gli stessi venditori di carne di cane a creare questo evento per incrementare le loro vendite. Da quell’anno, per dieci lunghi giorni (dal 21 giugno – in concomitanza con il solstizio d’estate – fino al 30), migliaia di visitatori affollano le bancarelle del festival. Qui gli animali vengono macellati al momento, dopo aver passato ore rinchiusi in minuscole gabbie, ammassati gli uni contro gli altri ed esposti a patogeni di ogni genere. Le condizioni del festival di Yulin, infatti, non sono diverse dai wet market, i mercati di animali vivi tipici di molti paesi asiatici, in cui si ritiene che il nuovo coronavirus Sars-Cov-2 abbia fatto il salto di specie, infettando l’uomo.
A Yulin non ci sono pangolini, serpenti o specie esotiche, ma questo non vuol dire che i rischi siano minori. I cani infatti vengono rapiti dalle loro abitazioni o catturati per strada, non subiscono alcuna quarantena per assicurarsi che siano sani e spesso vengono avvelenati con sostanze chimiche. Non a caso, Yulin è tra le dieci città peggiori al mondo per numero di casi di rabbia e la provincia dove si trova, il Guangxi, rientra tra le cinque aree in cui la rabbia è più diffusa tra gli esseri umani.
C’è una piccola speranza per il futuro perché quest’anno finalmente qualcosa si sta muovendo. I venditori sono stati spostati dal centro della città a un mercato periferico. Il numero dei visitatori è diminuito esponenzialmente, complice la pandemia, ma soprattutto grazie alle crescenti pressioni da parte dell’opinione pubblica, contraria all’uccisione dei propri amici a quattro zampe.
Ad aprile era stata proprio la pressione da parte dagli stessi cittadini cinesi a spingere le città di Shenzhen e Zhuhai a vietare la vendita e il consumo della carne di cane e a portare il ministro dell’Agricoltura cinese Han Changfu ad escluderli dalle liste delle specie classificate come bestiame. Gli attivisti di Humane society international sono convinti che il consumo di carne di cane non sarà permesso in futuro, ma arrivare a un vero e proprio “bando sarà difficile, e ci vorrà del tempo”.
Fino ad allora tutti possiamo fare la nostra parte, documentandoci in modo consapevole, diffondendo queste notizie e sostenendo i volontari che cercano di salvare delle vite in mezzo a tanta atrocità. Ma soprattutto, dobbiamo imparare a fare scelte più consapevoli quando siamo a tavola e riconoscere una volta per tutte che c’è un piccolo Yulin in ogni macello del mondo.
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