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Nelle Filippine i popoli indigeni cercano di portare avanti la tradizione dei cesti intrecciati nonostante la crisi climatica e la pandemia.
A Kamantian, nell’area protetta del monte Mantalingahan, nella provincia insulare di Palawan, Filippine, è facile trovare i tradizionali cesti intrecciati fatti a mano. Non si tratta solo di un modo per produrre qualche souvenir per i turisti ma di una vera e propria dimostrazione del rapporto tra essere umano e natura.
Si chiamano tingkep e sono cesti costruiti in palma, vite o bambù. Nel 2018 è nato un centro di formazione, la School of living tradition, frequentato quest’anno da 25 studenti. Ma a causa della pandemia, il governo filippino ha sospeso le lezioni in presenza. Per gli artigiani di Palawan la tradizione ora rischia di scomparire per sempre.
Si inizia con il meglegis, il processo di rasatura fine del bambù autoctono (binsag) e si usa un piccolo coltello (peis). Queste strisce servono per tessere il tingkep, il corpo del cesto, e la preparazione è un lavoro delicato, poiché ogni striscia deve essere uniforme e anche formare un cesto robusto.
In una regione dove il bracconaggio e il taglio illegale di legname diventano una scelta obbligata di sopravvivenza per molte persone, c’è chi ha invece scelto di guadagnarsi da vivere vendendo ceste tradizionali. Non solo, ma i tessitori di cesti supportano le reti di monitoraggio composte dai ranger forestali, denunciando le violazioni e prendendo attivamente parte alla protezione della foresta.
Scienziati e ambientalisti ritengono che sostenere l’artigianato dei popoli indigeni possa rappresentare un ottimo incentivo per la conservazione delle foreste. Ma il successo di queste iniziative dipende dalla partecipazione delle comunità indigene. La School of living tradition, in questo senso, è servita per ottenere un riconoscimento delle attività degli autoctoni, ma la doppia minaccia del Covid-19 e dei cambiamenti climatici hanno paralizzato l’industria del turismo filippino, soffocando la domanda di tingkep e altri prodotti artigianali tradizionali.
Quella di Mantalingahan è una delle principali aree di biodiversità delle Filippine, ma il Palawan è una delle zone delle Filippine maggiormente interessata da eventi climatici estremi. Con la crisi climatica questa ricchezza rischia di soffrire: nella stagione secca, il caldo non permette ai raccoglitori di piante di lavorare sotto il sole, mentre nella stagione delle piogge chi si avventura nelle foreste rischia la vita a causa di frane e inondazioni.
“La crisi climatica che sta devastando i territori e le risorse indigene è una minaccia alle pratiche tradizionali. Uno degli impatti del cambiamento climatico che non riceve molta attenzione è proprio quello sulla cultura”, ha raccontato alla testata Mongabay Minnie Degawan, il direttore dell’Indigenous and traditional peoples program, un ente che supporta le attività artigianali dei popoli indigeni.
“In molte terre ancestrali, frane, inondazioni eccessive e siccità hanno sconvolto non solo la pratica delle tradizioni, ma anche la conservazione delle lingue e dei mezzi di sussistenza, minacciando la sopravvivenza stessa delle comunità indigena”. Un etnocidio, secondo Degawan, che rischia di compiersi in maniera invisibile.
La pandemia e il cambiamento climatico colpiscono in modo sproporzionato i popoli del Palawan: un rapporto del governo ha rilevato che la regione è altamente suscettibile alle inondazioni. Anche le catene montuose interne di Mantalingahan sono identificate come un punto sensibile alle frane. Ma dal governo non sono stati stanziati fondi per il contenimento dei danni e nemmeno per sostenere la comunità che dipende dal turismo e dall’artigianato.
Chi segue da vicino la causa dei popoli del Palawan sa che queste tribù non possono contare sull’aiuto del governo. Eppure un pieno riconoscimento da parte del governo del diritto ai territori e all’autodeterminazione di popoli indigeni ora invisibili agli occhi delle istituzioni può contribuire ad aiutare le comunità a sostenere la tradizione dei tingkep.
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