La Finlandia entra nella Nato, segnando la fine di una storica neutralità

Decaduto il veto della Turchia, la Finlandia entra nella Nato ufficialmente dopo il cambio di governo chiesto alle elezioni. Mosca ora è più accerchiata.

  • Oggi la Finalndia entra ufficialmente nella Nato, dopo un processo di adesione a lungo ostacolato dalla Turchia.
  • Lo Stato scandinavo perde la storica neutralità politico-militare che conservava dal 1939. I 1.340 chilometri di confine orientale con la Russia diventeranno un avamposto diretto tra la Nato e Mosca.
  • L’adesione formale al Patto atlantico arriva poche ore dopo l’esito delle elezioni legislative nel Paese, che hanno sancito la sconfitta dei socialdemocratici e della premier Sanna Marin.

Da oggi, martedì 4 aprile, la Finlandia entra nella Nato, diventando il 31esimo paese a ratificare il trattato di alleanza militare. L’ingresso ufficiale di Helsinki arriva a poche ore di distanza dal voto che ha decretato la sconfitta dei socialdemocratici di Sanna Marin, aprendo a un periodo di gestazione politica per la nascita di un nuovo governo di coalizione guidato dal centrodestra. Venuto meno l’ostruzionismo di Turchia e Ungheria, la Nato aggiunge dunque chilometri di confine diretto con la Russia, cosa che potrebbe alimentare il rischio di escalation dal momento che il Cremlino a più riprese ha minacciato ripercussioni se l’esito delle trattative fosse andato a buon fine.

La Finlandia entra nella Nato dopo quasi un secolo di neutralità 

“Questa è una settimana storica”, ha esclamato ieri ai giornalisti un galvanizzato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato: “Domani daremo il benvenuto alla Finlandia come 31esimo membro della Nato, rendendo la nazione più sicura e la nostra alleanza più forte“. E mentre per oggi pomeriggio è prevista la cerimonia di ingresso, si compie il lungo e tortuoso processo di adesione di Helsinki, iniziato a braccetto con la Svezia poco dopo l’invasione dell’Ucraina e l’arroventarsi dello scenario geopolitico al confine con la Federazione russa.

L’ostruzionismo messo in atto soprattutto dalla Turchia ai danni della Svezia ha fatto sì che fosse proprio la Finlandia, che con Mosca condivide oltre 1.300 chilometri di confine, praticamente l’intero versante orientale, ad entrare nell’alleanza militare che nutre la retorica dell’accerchiamento a cui spesso fa riferimento il presidente russo Vladimir Putin.

Sebbene oggi ci sembri quasi un atto dovuto, è bene ricordare che poco più di un anno fa l’attuale cambio di postura geopolitica di Helsinki avrebbe avuto dell’inimmaginabile. Dalla fine della Seconda guerra mondiale la Finlandia aveva mantenuto un regime di strettissima neutralità. Il tentativo di invasione ad opera dell’Armata Rossa nel 1939 costò al paese scandinavo una parte della Carelia, territorio altamente simbolico perché fondamentale nella storia della sua indipendenza. Quasi un secolo dopo le cose sono completamente cambiate, ma il pericolo sulla soglia orientale del Paese – dove Helsinki ha iniziato la costruzione di una barriera – resta la Russia.

Decade il veto di Turchia e Ungheria 

L’unico vero ostacolo all’ingresso di Helsinki era rappresentato dai parlamenti di Turchia e Ungheria, che fino a qualche giorno fa non avevano ancora avviato i processi di ratifica interna alla candidatura della Finlandia, continuando a negare il loro sostegno al progetto di allargamento dell’alleanza. Nel caso di Ankara le preoccupazioni riguardavano il sostegno fornito da Finlandia e soprattutto Svezia ai gruppi separatisti curdi – alcuni dei quali esuli politici proprio sul suolo svedese – che per mesi hanno inceppato le negoziazioni.

L’opposizione di Erdoğan alla candidatura svedese si è protratta a tal punto da costringere Stoltenberg a mandare in soffitta i piani di un ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi, anche dopo la nascita di un nuovo governo di coalizione a guida conservatrice e appoggiato dall’estrema destra a Stoccolma. Venerdì 31 marzo, giorno dell’effettivo lasciapassare, Erdoğan ha lodato la Finlandia per aver compiuto “passi autentici e concreti“, mentre ha criticato la Svezia per aver negato l’estradizione alla quasi totalità dei ricercati curdi dalla Turchia: “Con l’adesione della Finlandia, la Nato diventerà più forte”, ha dichiarato il presidente turco, aggiungendo che i colloqui con Stoccolma proseguiranno. A fornire una motivazione pragmatica sul perchè Erdoğan abbia aperto all’adesione finlandese è innanzitutto una data: il 15 maggio 2023. In quel giorno la Turchia è attesa al voto, e il presidente dovrà chiedere nuova legittimazione alla popolazione dopo un periodo estremamente duro, segnato dal devastante terremoto che ha colpito il sudovest del Paese. Per questo motivo gioca ora a favore di Erdoğan saltare oltre la barricata che egli stesso aveva eretto riguardo l’ingresso della Finalndia, per mostrare agli occhi dei propri elettori il ruolo centrale della Turchia nel determinare l’allargamento della Nato.

Ankara si unisce così a quanto fatto qualche giorno prima da Budapest, inizialmente scettica sui progetti di allargamento per timore di attirare le ire di Mosca ed evitare un ulteriore surriscaldamento alle porte dell’Europa orientale. All’inizio della scorsa settimana il parlamento ungherese aveva ratificato l’adesione di Helsinki alla Nato, diffondendo successivamente la notizia tramite un post su Facebook da Máté Kocsis, capogruppo parlamentare del partito di governo Fidesz.

Il paradosso della discontinuità di governo

La Finlandia entra nella Nato poche ore dopo il voto che ha sancito la fine del governo socialdemocratico di Sanna Marin. La concomitanza di avvenimenti ha del paradossale, poiché di fatto Helsinki aderisce all’alleanza atlantica poco dopo essere rimasta orfana dell’esecutivo che ha curato l’intero processo negoziale da un anno a questa parte. Questo non significa che l’insediamento di un nuovo governo cambierà le sorti della politica estera finlandese. Il tema dell’adesione alla Nato, infatti, è stato un caposaldo di Petteri Orpo, leader del partito di centrodestra che ha vinto le elezioni, tanto quanto lo è stato per Marin.

A questo si deve aggiungere una considerazione sulle tempistiche entro cui il nuovo governo diventerà operativo, che potrebbero essere lunghe. Se a conquistare il maggior numero di elettori è stata la coalizione di centrodestra guidata per l’appunto da Orpo, leader del Partito della coalizione nazionale, che ha ottenuto il 20,8 per cento dei voti, al secondo posto il partito di Marin è stato scalzato dai Finlandesi, partito nazionalista di estrema destra che ha raggiunto il 20,1 per cento delle preferenze. Solo terzi i socialdemocratici, che con il 19,9 per cento dovrebbero comunque provare a offrire il fianco all’allargamento della futura coalizione di governo a tre partiti, ad ora l’unica soluzione capace di garantire una base solida in parlamento necessaria alla stabilità dell’esecutivo. Orpo potrebbe infatti optare per una soluzione di larghe intese insieme ai socialdemocratici, ma resta altrettanto possibile l’ipotesi di una brusca svolta a destra che imprimerebbe l’ingresso al governo dei Finlandesi, similmente a quanto accaduto in Svezia. Ci attende un periodo intricato che l’adesione alla Nato non avrebbe comunque atteso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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