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Gli astronomi annunciano la scoperta della presenza di una molecola nell’atmosfera di Venere che nel nostro pianeta viene prodotta da processi biologici.
Da sempre Venere è considerata un pianeta inospitale. La sua atmosfera è composta per oltre il 90 per cento di acido solforico, mentre le temperature al suolo possono raggiungere oltre 400°C. Un inferno. Ma da ieri, il secondo pianeta dal Sole è un po’ più accogliente, almeno se pensiamo alla fosfina (PH3). Sì perché il 14 settembre scorso, un team internazionale di astronomi, guidato dalla professoressa Jane Greaves dell’università di Cardiff, ha annunciato la scoperta di una molecola rara, la fosfina appunto, nelle nuvole di Venere. Una scoperta eclatante perché questo gas, sulla Terra, è prodotto solo industrialmente o da batteri che prosperano in ambienti privi di ossigeno.
Secondo i ricercatori la presenza di fosfina “è inspiegabile”, anche se gli stessi autori dello studio pubblicato su Nature Astronomy e intitolato “Phosphine gas in the cloud decks of Venus”, spiegano che anche processi come fulmini o attività vulcaniche sono in grado di produrre piccole quantità di fosfina sulla Terra. La molecola inoltre potrebbe provenire da meteoriti o essere stata generata da processi esterni come l’interazione con il vento solare. Il fatto è che tutti questi processi sono in grado di produrre quantità molto piccole, molto meno di quanto osservato, ovvero 20 parti per miliardo.
Come spesso accade, le scoperte scientifiche avvengono per caso, o meglio mentre si sta cercando altro. E così pare essere successo per la fosfina su Venere. “Si è trattato di un esperimento fatto per pura curiosità, davvero – sfruttando la potente tecnologia di JCMT (James Clerk Maxwell Telescope) e pensando a strumenti futuri”, ha detto in una nota la professoressa Greaves. “Pensavo che saremmo stati in grado di escludere scenari estremi, come le nuvole piene di organismi. Quando abbiamo avuto i primi accenni di fosfina nello spettro di Venere, è stato uno shock!”.
Grazie al James Clerk Maxwell Telescope alle Hawaii, il team è infatti riuscito a rilevare per la prima volta la fosfina, mentre ha effettuato una seconda misurazione utilizzando i 45 telescopi dell’Atacama Large Millimeter Array (ALMA) in Cile, osservando Venere a una lunghezza d’onda di circa 1 millimetro.
Gli astronomi hanno cercato di valutare se la fosfina potesse provenire da processi biologici, ma non ci sono sufficienti conoscenze a riguardo: l’unico altro studio sul fosforo su Venere proveniva da un esperimento di un lander, effettuato dalla missione sovietica Vega 2 nel 1985. Quel che sappiamo è che per creare la quantità di fosfina osservata su Venere, gli organismi terrestri dovrebbero lavorare solo a circa il 10 per cento della loro massima produttività, secondo i calcoli del dottor Paul Rimmer dell’università di Cambridge. Eventuali microbi su Venere sarebbero dunque probabilmente molto diversi dai loro cugini terrestri, per sopravvivere in condizioni iperacide.
Gli stessi autori restano molto cauti a riguardo, affermando che l’unico modo per appurare la presenza di vita biologica sarebbe di studiare da vicino l’atmosfera di Venere e con sonde che possano riportare sulla Terra dei campioni, un po’ come accaduto con Marte. Quel che è certo è che lo studio dei pianeti più vicini alla Terra non è stato mai così vivo e così ricco di fascino, interesse e novità.
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