
Per la prima volta nel 2025 si celebrano le più grandi fonti di acqua dolce del pianeta, che fronteggiano la sfida dei cambiamenti climatici.
Quando c’è un conflitto come quello in Ucraina l’accesso all’acqua potabile è spesso il primo dei problemi. Altre volte è proprio la sua penuria a scatenare una guerra.
Quando c’è una guerra in corso è difficile che non ci sia di mezzo anche il tema dell’acqua. Sta succedendo anche in Ucraina, dove uno dei principali problemi di città come Mariupol, sotto ai bombardamenti russi e soffocate da una tragedia umanitaria, sia proprio l’assenza di acqua potabile. Ma più in generale, che sia per l’accesso all’acqua o che sia per la distruzione delle sue riserve, è proprio attorno a questa risorsa che storicamente si consuma lo scontro tra paesi o gruppi rivali.
E sarà sempre più così, dal momento che i cambiamenti climatici stanno esaurendo ulteriormente la disponibilità di acqua nella gran parte del mondo.
Mariupol finora è stata il simbolo della crudeltà dell’attacco russo all’Ucraina. La città che affaccia sul Mar d’Azov ha subito violenti bombardamenti e interi quartieri sono andati distrutti, mentre circa 400mila persone si trovano lì bloccate visto che i corridoi umanitari finora hanno fatto solo in parte il loro lavoro.
Le bombe e i combattimenti sul terreno non sono però il principale problema di Mariupol. La cittadinanza da settimane si trova senza acqua potabile e sul web sono circolati i video di file infinite di persone in coda ai pochi pozzi rimasti operativi in città, mentre sullo sfondo rimbombano i colpi di mortaio e gli altri suoni del conflitto. Come sottolinea Medici senza frontiere, le persone si spostano su un terreno minato per andare a recuperare l’acqua ovunque se ne presenti l’occasione, estraendola anche dal terreno nelle campagne intorno alla città. Mstyslav Chernov e Evgeniy Maloletka, gli unici due giornalisti presenti a Mariupol a lavorare per una testata occidentale (Associated Press), hanno raccontato dei cittadini che ormai bevono la neve che si accumula per strada.
La situazione non potrà che peggiorare, in una tragedia umanitaria che provocherà tanti altri morti, quelli che vengono chiamati decessi collaterali di una guerra, non derivanti direttamente dai bombardamenti ma in qualche modo connessi a essi.
Quella di Mariupol non è una situazione unica al mondo, anzi. Quando c’è un conflitto l’accesso all’acqua potabile è spesso il primo dei problemi, dal momento che non solo c’è un problema di carattere logistico nella sua distribuzione ma anche che le cisterne e i pozzi sono tra i primi obiettivi a essere colpiti per mettere in ginocchio il nemico attraverso lo sfinimento della sua popolazione civile.
La Siria, che vive una guerra interna da ormai 11 anni, conosce bene questo elemento visto che da Aleppo a Damasco, passando per Homs, ci sono stati lunghi periodi in cui i cittadini si sono ritrovati senza accesso all’acqua per la distruzione delle riserve. Elementi che ritroviamo anche nei conflitti africani, come quello in Somalia, in Yemen o in Ciad. E spesso quello dell’acqua non è un problema conseguente alla guerra, ma la causa scatenante di una guerra. La stessa guerra in Siria sarebbe il risultato della competizione per le risorse idriche tra gruppi rivali, così come gli scontri in Iran e in Pakistan dell’autunno scorso e molti altri sparsi nel resto del mondo.
Il Pacific Institute, un think-tank australiano, ha realizzato una cronologia dei conflitti legati all’accesso all’acqua che hanno caratterizzato la storia dell’uomo. Ce ne sono 1297 e come spiega Peter Gleick, presidente del centro, un quarto di quelli del ventunesimo secolo sono occorsi in tre aree caratterizzate di insicurezza idrica: Medio-oriente, Africa sub-sahariana a Asia del sud.
Se i conflitti sull’acqua hanno caratterizzato e non di poco la storia dell’umanità, soprattutto quella recente, le cose potrebbero peggiorare sempre di più. I cambiamenti climatici stanno rendendo la competizione per questa risorsa sempre più sfrenata proprio perché la penuria di acqua è un problema crescente, non solo nelle aree tradizionalmente interessate da questo fenomeno ma anche in quelle che finora erano state risparmiate.
La siccità, la crescita delle temperature, rischiano infatti di mettere in ginocchio una porzione sempre più grande del Pianeta e se la storia ha dimostrato lo stretto legame tra guerra e risorse idriche, i conflitti non potranno che aumentare anche in zone finora insospettabili. La California vive oggi la peggior siccità degli ultimi secoli e questo sta influendo negativamente tanto sull’economia locale quanto sulla vita dei cittadini. In altri paesi già in crisi e dove i conflitti non sono una novità, come Ciad, Niger e Somalia, gli eventi climatici estremi stanno facendo precipitare ulteriormente la situazione e il rischio che la violenza si acuisca è concreto.
Come scrive Somini Sengupta sul New York Times, “Un pianeta più caldo rende i luoghi aridi sempre più aridi, sovraccaricando la concorrenza su una risorsa già scarsa, l’acqua”. Oggi nel mondo ci sono decine se non centinaia di guerre, che spesso ma non necessariamente hanno a che fare con l’acqua. Dal momento che questa risorsa si sta trasformando in un bene sempre più di lusso per effetto dei cambiamenti climatici, la conta dei conflitti che soffocano il Pianeta rischia un’impennata negli anni a venire.
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