
Coste rocciose a picco sul mare, calette impervie ma incontaminate, grotte da esplorare: l’Arcipelago delle Tremiti è un gioiello da non abbandonare.
Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Cinque borghi strappati, con fatica, al mare. L’estrema Liguria orientale un luogo unico.
Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e Riomaggiore. Cinque borghi, cinque terre strappate con fatica al mare. Modellate da un lavoro sapiente e costante, a partire dal Decimo secolo e adattate alle esigenze dell’uomo. In primo luogo, agricole. Nascono così le caratteristiche terrazze, che fanno di questo un luogo unico.
Con il nome Cinque Terre si intende una zona costiera della Liguria (in provincia di La Spezia) di circa 30 chilometri che si estende all’estremità della Riviera di Levante, precisamente fra la Punta di Mesco e quella di Monesteroli.
Il mezzo consigliato per raggiungerle è il treno, lungo la linea ferroviaria che unisce Genova a Roma. Si possono anche raggiungere le località vicine come La Spezia o Levanto con il mezzo preferito, e poi prendere treni regionali che passano ogni 20-30 minuti.
È possibile raggiugnere le Cinque Terre da località vicine quali La Spezia, Levanto, Lerici e Portovenere in traghetto. Nel periodo estivo (da aprile a partire da novembre circa) ci si può spostare da un borgo all’altro utilizzando il servizio di traghetti Navigazione golfo dei poeti, e raggiungere le Cinque Terre da località più distanti quali Viareggio, Forte dei Marmi, Marina di Massa e Marina di Carrara. Le informazioni e gli orari sono consultabili sul sito della compagnia.
Alla fine dell’Ottocento, su questi pendii, gli ettari coltivati a vite erano 1.400. Poi, col passare del tempo, quando lentamente il degrado dei terrazzamenti e dei muretti a secco ha avuto la meglio, lo spazio per le coltivazioni si è ridotto in modo drastico. Ad oggi gli ettari coltivati a vite sono solo un centinaio.
Eppure sono proprio i terrazzamenti, i muretti, le vigne, l’elemento forse più caratteristico delle Cinque Terre. Ne costituiscono l’identità. Il frutto di secoli di lavoro e di impegno per modificare un territorio aspro e selvaggio, che l’uomo ha da sempre tentato di domare. Il motivo per cui, nel 1997, il
sito è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Nello stesso anno è nata l’Area marina protetta, mentre solo due anni dopo è stato istituito il Parco nazionale.
A proteggere le vigne, e quindi anche lo Sciacchetrà, “vino passito da meditazione” – ossia un vino dolce adatto per terminare il pasto – prodotto-simbolo di questa zona, ci pensa il progetto Life prosit. Finanziato dall’Unione Europea, questo progetto nasce proprio per difendere e tutelare le coltivazioni tipiche delle Cinque Terre, per limitare il degrado ambientale ed incentivare il recupero dell’area. Il progetto “Marchio di Qualità Ambientale” completa l’opera del Prosit. Nato per rendere più sostenibili le attività del parco, il marchio favorisce la commercializzazione dei prodotti tipici dell’area, primi fra tutti i vini ed il pesto, rigorosamente biologici. O i limoni, già cantati da Montale. Proprio questo agrume è protagonista di una sagra, “Re limone”, che si tiene a Riomaggiore in estate ogni anno.
Anche la fauna delle Cinque Terre, sia marittima che terrestre, è molto ricca: la zona si affaccia sul Santuario dei cetacei, che ospita diversi esemplari di balenottera comune. Ghiri, donnole, talpe, faine, tassi, volpi e cinghiali si aggirano per alla boscaglia, mentre dominano l’avifauna gabbiani reali, falchi
pellegrini e bianconi.
Le Cinque Terre offrono suggestivi itinerari in mezzo a sentieri a picco sul mare (come la Via dell’amore), specialità gastronomiche di qualità, cultura (la Via dei santuari ne è un esempio). Il tutto immerso in una natura aspra, selvaggia e ricchissima di biodiversità animale e vegetale. Un parco da scoprire.
Il nostro trekking inizia da Riomaggiore, dei cinque borghi il più vicino a La Spezia, e si snoda fino a Vernazza affacciandosi al mare fra vallette, muri a secco, terrazze coltivate, macchie di vegetazione e dirupi. II percorso, chiamato nel tratto iniziale Via dell’amore e ben indicato dal Club alpino italiano (Cai) con il segnavia n.2 blu e bianco, inizia ai piedi della scalinata che sale dalla stazione e scavalca la ferrovia. Una stradina lastricata e attrezzata con ringhiere si alza in lieve pendio sulla sponda rocciosa, fino a raggiungere una scaletta in pietra diretta alla stazione di Manarola. Qui ci si immette in una galleria pedonale dalla quale si esce nel centro del piccolo borgo arroccato a strapiombo sul mare. Finisce così la Via dell’amore dopo 20 minuti di cammino da Riomaggiore.
Ora il sentiero rimonta in salita guadagnando il cimitero, lo fiancheggia sulla destra in un panoramico scorcio sul paese e prosegue a mezzacosta su gradini, conservando intatte le caratteristiche di mulattiera. Dopo 25-30 minuti, oltre una fontana e un ponticello si incontra la sede di una ferrovia abbandonata; il nostro percorso si inserisce proprio su questo vecchio tracciato e conduce sempre segnalato alla stazione di Corniglia. Si prosegue oltre costeggiando ancora la ferrovia fino ad incontrare la scalinata in mattoni che sale alla chiesa di Lardarina, contrada di Corniglia. Dal sagrato un vicolo scende al centro di Corniglia e al poggio panoramico dominante la costa e l’itinerario percorso.
Tornando sul nostro percorso a Lardarina, in corrispondenza del sagrato prendiamo il vicolo alto alla sua sinistra e usciamo dal paese. La mulattiera lastricata e gradinata attraversa uliveti e terrazze che si perdono verso monte in un gioco armonioso di sfumature e balzi. Il mare scompare alla vista lasciandoci immersi momentaneamente in un paesaggio collinare; poi fedele alla caratteristica del luogo riappare ai piedi dei burroni. Vicino ad un’area attrezzata con tavoli e panche si nota un sentiero che scende alla spiaggia di Gùvano con un dislivello di 100 metri. Il tracciato Cai invece prosegue in salita attraversando una valletta, sulla cui sommità si distingue chiaramente il Santuario di san Bernardino. Siamo nei pressi di località Prevo (208 metri), piccolo gruppo di case abbarbicate sulla costa della collina; una rampa di scalini ci introduce in una galleria che esce oltre le abitazioni del borgo. Inizia una discesa abbastanza sostenuta sul ciglio di dirupi a strapiombo sul mare. L’escursione si carica qui di tonalità emotive intense.
Vernazza si annuncia in basso con la sua torre, l’insenatura del porticciolo, le gradinate scavate nella roccia, le vecchie case di pietra raccolte attorno alla piazza e ai vicoli. Un’ultima e ripida gradinata si abbassa fra i casolari fino al centro del paese, dove possiamo assaporare da vicino la magia di questi luoghi senza tempo, e magari anche, nel vero senso della parola, qualche piatto tipico.
Da Riomaggiore a Vernazza il tragitto comporta tempi di percorrenza che si aggirano intorno alle 2 ore e 50 minuti, quindi avanzerebbero ancora forze per ritornare sui propri passi sino al punto di partenza, oppure con un percorso di pari durata proseguire per la stazione di Monterosso, la prima delle Cinque Terre per chi arriva da Genova e l’ultima invece per chi viene da La Spezia.
Per le gambe molto buone c’è poi una terza possibilità: raggiungere Levanto a piedi seguendo sempre il segnavia Cai. Si tratta di una tappa che conserva inalterato il fascino del primo itinerario, ma riserva tempi lunghi (4:30-5 ore da Vernazza, 2-2:30 da Monterosso) più adatti forse a giornate di primavera inoltrata.
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