
Dopo un sostanziale calo nel 2020, le emissioni di CO2 del settore energetico hanno ripreso ad aumentare, rischiando di vanificare l’effetto lockdown.
Passo avanti storico nella lotta ai cambiamenti climatici: 197 governi hanno vietato l’uso dei gas idrofluorocarburi, particolarmente nocivi per l’ambiente.
I rappresentanti di 197 governi hanno siglato un accordo storico che punta ad eliminare progressivamente l’uso di idrofluorocarburi (Hfc), gas ad effetto serra 14mila volte più potenti della CO2. Si tratta di un passo fondamentale nel processo di lotta ai cambiamenti climatici. L’intesa è stata raggiunta dalle nazioni firmatarie del Protocollo di Montreal, trattato adottato nel 1987 che prevedeva l’introduzione di divieti progressivi all’uso dei clorofluorocarburi (Cfc), fino a quel momento largamente utilizzati nei sistemi di climatizzazione, di refrigerazione, così come in numerosi processi industriali.
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Si tratta di sostanze particolarmente nocive per lo strato di ozono che circonda la Terra: la loro interdizione ha rappresentato un enorme successo dal punto di vista ecologico. La conferma è arrivata da uno studio pubblicato dalla rivista americana Science, effettuato nel corso del mese di settembre del 2015, secondo il quale il buco dell’ozono al di sopra della regione antartica, causato in buona parte proprio dalle attività inquinanti dell’uomo, risulta decisamente meno esteso rispetto ai rilevamenti effettuati nel 2000.
Nel corso del Ventottesimo summit delle parti, tenuto a Kigali, in Ruanda – e dopo sette anni di difficili negoziati – nella notte del 15 ottobre si è deciso dunque di non perdere lo slancio positivo del Protocollo di Montreal. Anche se, come riferito al quotidiano francese Le Monde da Clare Perry, responsabile della Ong Environmental Investigation Agency, a “convincere” i governi a non bloccare l’accordo sarebbe stata soprattutto “la volontà di non passare alla storia come i responsabili del fallimento del più importante negoziato in materia di clima del 2016”.
Tecnicamente, l’accordo prende il nome di Emendamento di Kigali. Con esso si pone di fatto rimedio all’unico aspetto negativo della limitazione dei gas Cfc imposto nel 1987. Negli anni successivi all’adozione del Protocollo di Montreal, infatti, si è registrata un’impennata nell’uso degli idrofluorocarburi, utilizzati proprio in sostituzione dei gas messi al bando. Grazie all’intesa raggiunta in Ruanda, secondo le prime stime sarà possibile evitare la dispersione nell’atmosfera di ben 72 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2, di qui al 2020. Un valore pari alle emissioni annuali di un paese come la Germania.
Ciò significa che il Pianeta potrà contare su una leva particolarmente importante al fine di limitare la crescita della temperatura media globale sulla superficie delle terre emerse e degli oceani. Secondo le stime di esperti riportate dal Guardian, infatti, l’accordo ottenuto in Ruanda potrà garantire un contenimento anche di mezzo grado centigrado del riscaldamento globale.
Dopo un sostanziale calo nel 2020, le emissioni di CO2 del settore energetico hanno ripreso ad aumentare, rischiando di vanificare l’effetto lockdown.
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