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Non più pubblico o privato, ma collettivo. Il documentario “III Sentiero” di Luca Albrisi indaga una terza via più sostenibile per lo sviluppo delle terre alte.
Al Trento Film Festival, ogni anno, i contenuti selezionati forniscono spunti di riflessione importanti sul mondo della montagna e su alcune attività che la riguardano direttamente. Come da tradizione, anche questa edizione non è stata da meno e tra i numerosissimi documentari in programma, uno in particolare ha posto una certa attenzione sulla gestione dei beni collettivi nelle terre alte e sulla possibilità di individuare un’alternativa a quanto fatto finora. Si tratterebbe di trovare una nuova via e Luca Albrisi, regista e autore del breve documentario, realizzato nell’ambito del progetto “Fuochi nelle malghe: cooperare per il bene comune”, prova ad individuarla e raccontarla in “III Sentiero”.
Esistono genericamente tre tipi di beni: quelli privati, che appartengono ad un singolo o a enti privati, quelli pubblici, che appartengono allo Stato o ad enti pubblici e i beni collettivi, ovvero quei beni che appartengono direttamente a una determinata comunità, che non coincide necessariamente con quella comunale. Quest’ultima categoria è quella da cui parte un’alternativa al sistema fin ad ora adottato, appunto un “III Sentiero”: si parla di malghe, pascoli e altri beni, la cui gestione e i cui frutti, suddivisi tra i diversi appartenenti alla comunità, hanno storicamente garantito la sopravvivenza in ambienti difficili come le terre alte e in modo indipendente dalla gestione statale centrale.
Oggi la situazione è ben diversa: gli abitanti di quelle stesse comunità hanno spesso dimenticato dell’esistenza di questi beni (il 56 per cento della superficie del Trentino è bene collettivo) e, complice il calo del livello di necessità, tali beni hanno perso la propria funzione storica primaria, portandoli all’abbandono o a una cattiva conservazione.
La domanda centrale di “III Sentiero” è se la valorizzazione di questi beni non possa rappresentare un modello alternativo di possedere che, interponendosi tra quello privato e quello pubblico, tracci una nuova via verso uno sviluppo alternativo a quello disastroso che stiamo vivendo a livello globale. Una terza via dunque che scardinerebbe i modelli attuali per abbracciare una reale sostenibilità ambientale e sociale e che sappia valorizzare beni e territori, non solo economicamente ma anche moralmente.
La domanda non se la pone solo Luca Albrisi, ma in primis i componenti della cooperativa Fuoco nata proprio in questi luoghi e che attraverso il progetto Fuochi nelle malghe, cerca di immaginare una nuova gestione dei beni collettivi che permetta alla comunità di ri-innamorarsene impedendo così che passino sotto la gestione comunale che – come da normale procedura – ne cede la gestione al miglior offerente che spesso però non appartiene alla comunità stessa.
Con l’aiuto dell’associazione di trail running Comano mountain runners – partner del progetto –, è stato eseguito un censimento delle strutture presenti sulle Alpi Ledrensi e Judicaria registrandone le rispettive caratteristiche e potenzialità dimostrando, in aggiunta, quanto per fare reale innovazione sia utile l’attivazione tra micro-comunità apparentemente slegate tra loro.
Queste sono solo le basi dunque per provare a tracciare una terza via condivisa, caratterizzata dal senso di collettività, dalla cooperazione di comunità, dall’innovazione slegata dal solo profitto e dal rispetto per i luoghi e per le persone.
Il documentario di Luca Albrisi, che sarà disponibile a tutti tra qualche mese, parte da un’esperienza reale per mostrarci come nel concetto di bene collettivo, e in una sua gestione innovativa, si possano trovare gli aspetti sociali e ambientali di una montagna che può slegarsi da modelli esclusivamente turistici, tornare a ripopolarsi e farsi portatrice di modelli di sviluppo alternativi e sostenibili.
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