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Il ritorno dello storione, salvato dall’estinzione
Con un progetto partito vent’anni fa, Fipsas e un’azienda di acquacoltura, hanno cercato di ripopolare i fiumi con lo storione cobice di cui rimanevano pochi esemplari. Ora si vedono i primi risultati.
Pesce preistorico presente sulla Terra da 200 milioni di anni e in grado di vivere da 40 a 120 anni, oggi lo storione è sull’orlo dell’estinzione. L’inquinamento delle acque legato all’industrializzazione, un eccesso di pesca illegale per ottenerne la carne e il caviale, gli sbarramenti artificiali dei corsi d’acqua, che impediscono la risalita dei pesci alla ricerca di un luogo adatto alla riproduzione, sono i principali fattori che ne minano la sopravvivenza. A causa di una forte diminuzione degli esemplari, l’Unione mondiale per la conservazione della natura (Iucn) ha classificato lo storione come specie in pericolo critico. In Italia la specie comune e beluga sono ormai scomparse, mentre rimangono esemplari di storione cobice, endemici dell’alto Adriatico e dei fiumi che vi sfociano.
Lo storione torna nei fiumi
Per questo, proprio lo storione cobice è diventato il protagonista di un progetto di ripopolamento della specie partito vent’anni fa: a più riprese, la Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquee), con il contributo nel tempo di Regione Veneto, Regione Lombardia e Unione europea, ha immesso nei corsi d’acqua ritenuti idonei 15mila esemplari di storione dotati di microchip provenienti dall’azienda di acquacoltura Storione Ticino al fine di ripopolare i fiumi con questi pesci. E i primi risultati del progetto, con il ritrovamento di esemplari giovanili senza microchip che suggeriscono una riproduzione avvenuta in natura, sono stati presentati durante un incontro pubblico all’Acquario di Milano da Friend of the Sea, organizzazione non governativa a difesa della pesca sostenibile. “Si è dimostrato come grazie all’acquacoltura sostenibile sia possibile salvare la specie dall’estinzione”, ha detto Paolo Bray, direttore di Friend of the Sea. “E come pescatori sportivi e professionisti possono collaborare a queste importanti iniziative”.
Storioni da acquacoltura sostenibile
“La nostra storia inizia con mio padre Giacinto che negli anni ’70 riuscì a far riprodurre artificialmente, con tecnica incruenta, degli storioni in cattività”, racconta Sergio Giovannini, amministratore delegato di Storione Ticino. “Oggi la nostra è un’azienda di acquacoltura che vuole dimostrare come questa pratica si possa fare in modo sostenibile, dal punto di vista dell’ambiente e della sicurezza alimentare. Siamo aperti a qualsiasi collaborazione con le istituzioni e gli enti pubblici come è accaduto con il progetto di ripopolamento degli storioni. In un futuro non lontano mi piacerebbe poter dire che gli uomini sono stati la causa dell’estinzione degli storioni, ma anche coloro che hanno permesso a tanti esemplari della specie di tornare a nuotare liberi”.
La diversità genetica è la chiave
Storione Ticino si avvale della collaborazione di Leonardo Congiu, Professore Associato del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e Membro World Conservation Sturgeon Society: “Studio gli storioni da vent’anni e mi occupo di trovare gli incroci ottimali per farli riprodurre, non solo a livello quantitativo, ma anche qualitativo. La diversità genetica, infatti, è uno strumento fondamentale di adattamento all’evoluzione. Per questo motivo gli interventi di rilascio devono avvenire in un quadro coordinato che eviti, ad esempio, gli incroci parentali. Purtroppo, invece, ad oggi non esiste un controllo e una supervisione di tutte le attività di conservazione. E non possiamo ancora dire con certezza scientifica che esistono degli esemplari di storioni che si sono riprodotti in natura”.
Pescatori attenti
Il progetto non sarebbe esistito senza l’impegno ininterrotto dei pescatori della Fipsas che si sono occupati e si occupano della marcatura con microchip e della raccolta dati sulla cattura e ri-cattura degli storioni: “Qualche giorno fa ho trovato uno storione microchippato”, ha raccontato Bruno Dotto, consigliere federale Fipsas. “Il database ha rivelato che era un pesce che avevo liberato 11 anni prima con una scolaresca del Piave. Aveva cambiato fiume, ma era sicuramente quello: è stata una grande emozione verificare di persona che gli storioni sopravvivono e possono riprodursi”. La Federazione ha promosso dei premi in denaro, una sorta di ricompensa, per i pescatori che pescano gli storioni e li rilasciano rinunciando alla loro carne per salvaguardare la specie: “Non solo”, ha spiegato ancora Dotto. “Abbiamo caricato la licenza di pesca con una tassa di scopo per raccogliere fondi a sostegno di progetti ittici”.
Una certificazione per la pesca e l’acquacoltura
Il successo di questo progetto deve incoraggiarci a replicarlo in altri fiumi e per altre specie”, ha concluso Paolo Bray. “Non c’è solo lo storione a rischio. Oltre 2.200 specie ittiche sono considerate vulnerabili o in pericolo”, ha concluso Bray. “Con la nostra certificazione riconosciamo chi fa pesca sostenibile verificando diversi parametri, dallo sfruttamento degli stock al metodo di pesca alle condizioni lavorative dell’equipaggio”.
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