Cosmesi naturale

Qual è l’impatto di un profumo?

Dai nuovi ingredienti, naturali o sintetici, ai flaconi ricaricabili, il mondo delle fragranze cerca di diventare più sostenibile.

  • Sempre più nella scelta di una fragranza interviene il fattore sostenibilità: negli ultimi due anni le vendite dei cosmetici a connotazione sostenibile sono cresciute del 16,4%.
  • In questo settore vanno tenuti sullo stesso piano diversi aspetti oltre alle emissioni: il consumo del suolo, di acqua e la tutela della biodiversità, perché moltissimi ingredienti arrivano dalla natura.
  • Il 90% dell’impatto di una fragranza deriva dalla sua confezione. Un profumo ricaricabile taglia fino a 5 volte le emissioni rispetto a un prodotto normale.
  • Nel dibattito sugli ingredienti naturali vs sintetici dei profumi non c’è un giudizio definitivo su quali siano più o meno sostenibili. Da una parte le molecole naturali sono biodegradabili e spesso sostengono piccole economie nel Sud del mondo. Dall’altra alcuni sintetici hanno permesso di sostituire ingredienti di derivazione animale.

Gli odori rimangono immagazzinati nella memoria in modo del tutto involontario. La nostra predilezione per un profumo non è casuale, ma è difficile ricostruire il percorso che ci porta sempre verso una certa famiglia olfattiva (floreale, agrumata, aromatica, cipriata, orientale…). E sempre di più nella scelta di un profumo, così come di un cosmetico, interviene il fattore sostenibilità e non solo quello della naturalità.

Lo confermano i dati di Cosmetica Italia, associazione nazionale delle imprese cosmetiche, sull’intero settore: negli ultimi due anni le vendite dei cosmetici a connotazione sostenibile sono cresciute del 16,4 per cento rispetto, per esempio, all’8,1 per cento di quelli a sola connotazione naturale/biologica. Di conseguenza il mondo della profumeria si sta muovendo per soddisfare questa richiesta di mercato e per adeguarsi ai nuovi standard che i tempi ci impongono. L’attenzione verso il consumo di energia, la tutela della biodiversità connessa alle materie prime e il grande tema del confezionamento e del riciclo sono le sfide maggiori che questo settore deve affrontare.

Alto o basso impatto: il segreto è nella scatola

Qual è quindi l’impatto della nostra boccetta di profumo? “Difficile rispondere senza un’analisi puntuale come quella del ciclo di vita del prodotto (Lca)”, dice Alessandro Strada, business development lead per la cosmetica in Quantis Italia, una delle maggiori società di consulenza in ambito sostenibilità per la cosmesi. “A livello di sistema, invece, mancano dati raccolti su ampia scala. Nelle nostre ricerche abbiamo stimato che le emissioni globali di gas serra dell’industria cosmetica sono l’1,5 per cento del totale. Non un numero rilevante in termini assoluti. Sappiamo però che in questo settore vanno tenuti sullo stesso piano diversi aspetti oltre alle emissioni: il consumo del suolo, di acqua e la tutela della biodiversità, perché moltissimi ingredienti arrivano dalla natura”.

“Quello che dobbiamo considerare, inoltre”, prosegue Strada, “è che il 90 per cento dell’impatto di una fragranza deriva dalla sua confezione. I profumi ricaricabili consentono di ridurre le emissioni di gas serra evitando l’acquisto di nuovi flaconi. Un profumo ricaricabile taglia fino a 5 volte le emissioni rispetto a un prodotto normale”.

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Julian Bedel opera nel campo della cosiddetta profumeria artistica, dove ogni flacone viene numerato e prodotto dal creatore stesso © Fueguia 1833

Non era certamente al corrente di questi dati lo stilista Thierry Mugler quando, nel 1992, lanciò il primo profumo ricaricabile, una piccola rivoluzione guardata con curiosità, ma restata un caso isolato per molto tempo. Oggi molti altri stanno seguendo il suo esempio, da Giorgio Armani a Prada, e tante sono le soluzioni messe in atto dall’industria profumiera: i profumi solidi, le confezioni meno elaborate e in materiali compostabili, il ritiro delle boccette vuote in negozio per il riciclo. “Ogni anno vengono prodotti 120 miliardi di confezioni dall’industria della bellezza e personal care, ma solo il 50 per cento viene riciclato”, dice il rapporto Make up the future di Quantis.

Cosa c’è dentro la boccetta

Sulla formulazione di un profumo si apre un mondo di molecole naturali o sintetiche. “Dove naturale non è sinonimo di sostenibile”, precisa subito Strada. “Il fattore determinante delle prestazioni ambientali di un ingrediente è il suo impatto lungo il ciclo di vita, fino allo smaltimento. Gli ingredienti naturali possono avere un elevato impatto in termini di emissioni e sfruttamento di suolo e acqua, soprattutto quando sono necessarie risorse significative per produrre una quantità di prodotto molto piccola. In questi casi, i materiali sintetici possono offrire una valida alternativa a minore impatto”, sentenzia sempre il report Make up the future.

“Per ottenere una piccola dose di olio di sandalo o di legno di cedro servono dodici ore di vapore ad alta pressione: una quantità di energia considerevole”, spiega Julian Bedel, fondatore e creatore delle fragranze Fueguia 1833.

Julian Bedel opera nel campo della cosiddetta profumeria artistica, dove ogni flacone viene numerato e prodotto dal creatore stesso. Pochissimi “nasi” – ovvero i creatori di profumi – hanno una conoscenza sulle materie prime e la loro sostenibilità come Julian Bedel, che gestisce la sua azienda con una filiera verticalmente integrata, in modo da avere maggior controllo sul prodotto finale, dalle materie prime delle fragranze al legno delle scatole (che proviene da scarti di lavorazione dell’industria del mobile).

I profumi dei grandi marchi sono invece realizzati da poche grandissime aziende produttrici, i cui nomi sono sconosciuti al grande pubblico (Firmenich, Givaudan, gruppo L’Oréal, Coty…) e poi etichettati dal marchio che l’ha commissionato tramite dei contratti di licenza. Dentro queste aziende i “nasi” creatori delle fragranze hanno a disposizione una selezione di ingredienti, ampia ma pur sempre limitata: Bedel invece crea ogni volta un profumo secondo la sua personale ispirazione cercando di volta in volta note nuove.

“Ho rinunciato a molti ingredienti perché non potevo ottenerli in modo sostenibile”, racconta nella boutique milanese dietro la Galleria Vittorio Emanuele, “il nostro vantaggio sulla sostenibilità è di essere una piccola azienda e di avere volumi di produzione limitati rispetto ai grandi marchi”.

Naturale vs sintetico

È lui a cercare di spiegare la complessa dicotomia naturale vs sintetico: “I componenti naturali prevedono che ci sia una pianta alla base, che può essere raccolta o coltivata in diversi modi, su base intensiva oppure da piccole comunità locali, con le quali per esempio lavoro io”, precisa Julian Bedel.

“Vuoi la pianta o vuoi l’olio essenziale? Come vengono raccolte o coltivate queste piante? Da dove devi fartele spedire? Come viene realizzato l’olio? Per ognuna di queste domande devi avere una risposta, in una catena di fornitura che può essere lunga e non sempre limpida. Il vantaggio dei naturali è che sappiamo essere biodegradabili e, con un approvvigionamento etico e responsabile, sono una fonte di sostentamento economico per queste comunità” conclude.

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Spazio dove sono custodite varie specie botaniche utili alla produzione di fragranze © Fueguia 1833

Incensi, vaniglia, spezie, legni esotici e fiori sono infatti una ricchezza in molti luoghi del Sud del mondo che dipendono da queste coltivazioni, alcune anche molto ricercate e pregiate per la profumeria.

“Dall’altra parte c’è il gruppo dei sintetici, incredibili e orribili allo stesso tempo”, scherza Bedel. “Le molecole sintetiche possono anche essere create partendo da qualcosa di naturale, un legno o lo zucchero per esempio. Il fatto positivo è che alcuni sintetici sono nati per sostituire ingredienti animali, come l’ambra grigia del capodoglio – proveniente dall’apparato digerente dell’animale – o il muschio/musk dalle ghiandole del cervo muschiato”.

Proprio la categoria dei musk sintetici è composta da diversi tipi di molecole, alcune delle quali – i musk policiclici – piuttosto discusse. I musk sono legati alle profumazioni indicate nei cosmetici e nei detersivi come “muschio bianco”, spesso con immagini fuorvianti che rappresentano fiori bianchi o piante, ma è un odore di sintesi: non esiste la specie botanica del muschio bianco.

Dato il suo utilizzo da diversi decenni, è per antonomasia l’odore che noi associamo al pulito, alla freschezza. “Io ho scelto di non usare i cosiddetti muschi policiclici, a causa di alcuni studi che indicano il loro accumulo nell’organismo e nell’ambiente. Ovviamente servono studi definitivi ma preferisco il principio precauzionale”, sottolinea Bedel.

Esperimenti con le alghe e i trucioli di legno 

Dei 3mila ingredienti dei profumi Fueguia 1833, la maggior parte sono naturali e sono custoditi nel laboratorio milanese dove vengono prodotti. Tanti derivano da piante sudamericane che Bedel conosce nei viaggi verso il suo Paese, l’Argentina, o l’Uruguay dove manda avanti un piccolo centro di ricerca botanica.

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Julian Bedel opera nel campo della cosiddetta profumeria artistica, dove ogni flacone viene numerato e prodotto dal creatore stesso © Fueguia 1833

“Ovviamente per i nostri volumi di produzione basta un chilo di una determinata pianta, non cento”, continua Bedel. “Grazie ai miei intermediari gestiamo tutto con le comunità di coltivatori o raccoglitori, che ben conoscono tutte le specie botaniche e vogliono preservarle”. Oggi gli esperimenti più interessanti li sta conducendo a Milano con l’idea di fare upcycling, ovvero utilizzare ingredienti di seconda mano, come i fondi caffè (già usati nel loro profumo Arabica) o i trucioli della falegnameria interna che produce le scatole: “Con le nuove tecnologie si possono estrarre odori impensabili”, dice.

L’ultimo ingrediente nel flacone è l’etanolo, l’alcol etilico che costituisce la parte principale della formula. Si può trattare di bioetanolo, derivato dalla fermentazione di patate, canna da zucchero, barbabietola da zucchero, materie che quindi coinvolgono un aspetto agricolo da supervisionare in termini di sostenibilità. Oppure, come nel caso della startup newyorkese Air company, si tratta di etanolo creato a partire da emissioni di Co2.

Il loro profumo Air è letteralmente creato dall’aria (in ogni boccetta ci sono 56 g di Co2). Una tecnologia simile è stata sviluppata dall’azienda americana Lanzatech, partner di Coty, un colosso della produzione cosmetica: entro il 2023 ambiscono a usare nella maggior parte dei loro profumi etanolo creato in questo modo.

Nel loro caso si catturano molecole di monossido e biossido di carbonio prodotte dall’industria pesante, mentre un’altra frontiera interessante è l’etanolo creato dalle micro alghe o da scarti agricoli come le bucce.

Dietro una fragranza che ci trasporta verso vecchi ricordi c’è dunque un mondo complesso per quei consumatori sensibili al tema della sostenibilità. Nonostante la cosmesi sia un settore che contribuisce in minor parte alle emissioni globali, sta prendendo molto seriamente le richieste di un mercato sempre più attento.

Naturale non significa necessariamente sostenibile: preservare le materie prime e la biodiversità deve diventare uno degli impegni centrali per tutte quelle industrie che si riforniscono di ingredienti dalla natura. Sia che li trasformi in un telo di cotone, sia che magicamente li renda preziose molecole profumate.

 

 

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