Incidente in Siberia, Greenpeace: impossibile garantire sicurezza in zone remote

Violetta Ryabko, di Greenpeace Russia, spiega a LifeGate qual è la situazione in Siberia, dopo il disastro dovuto alla fuoriuscita di diesel a Norilsk.

Il disastro di Norilsk, in Siberia, dove 20mila tonnellate di diesel hanno contaminato un fiume, raggiunto il lago Pjasino e rischiano ora di finire in mare, preoccupa il mondo interno. La dispersione nell’ambiente del carburante – fuoriuscito a causa del crollo di una struttura di stoccaggio in una centrale gestita da una controllata del colosso minerario Norilsk Nickel – non sarebbe ancora stata contenuta, nonostante i tentativi delle squadre inviate sul posto.

Nessuno di noi è potuto andare sul posto finora

Violetta Ryabko, di Greenpeace Russia, spiega a LifeGate qual è attualmente la situazione nell’area, situata al confine del circolo polare artico. “Si tratta – osserva la dirigente dell’associazione ecologista – di uno dei peggiori incidenti che siano mai avvenuti nella Russia artica. E conferma qualcosa che è noto da molto tempo, ovvero il fatto che non esistono garanzie di sicurezza quando si estraggono o si stoccano fonti fossili, specialmente in zone remote e inospitali come questa”.

Il diesel riversato in un fiume in Siberia in un’immagine satellitare © dati Copernicus Sentinel (2020), elaborati da Esa, CC BY-SA 3.0 IGO

Un ritardo di due giorni dopo l’incidente in Siberia

La militante spiega che, tuttavia, nessuno di Greenpeace è finora riuscito a recarsi sul posto: “Chi proviene da un’altra regione è costretto a passare due settimane in isolamento a causa della pandemia. Ma forse le regole potrebbero cambiare nel prossimo futuro”.

Quanto alle decisioni assunte dal governo per fronteggiare l’emergenza, Ryabko sottolinea i ritardi che sono stati registrati: “La struttura è gestita da una divisione della Norilsk Nickel, i cui impianti hanno reso la città di Norilsk una delle più gravemente inquinate della Terra. Dopo l’incidente, dai rapporti è emerso che le autorità locali hanno scoperto la catastrofe soltanto due giorni dopo, attraverso internet. Lo stesso presidente Vladimir Putin era furioso e in una teleconferenza ha chiesto all’azienda: ‘Dobbiamo venire a sapere di situazioni simili dai social network?’. Quindi è stato dichiarato lo stato d’emergenza a Norilsk e nella penisola di Taymyr”.

Più in generale, tuttavia, Greenpeace Russia ha chiesto all’esecutivo “di modificare la legge al fine di consentire ispezioni più frequenti nelle strutture, per evitare disastri ambientali di questo genere. E stiamo spingendo affinché la ripresa economica sia sostenibile”.

Fonti fossili, nella Russia artica 7.400 incidenti all’anno

Non è invece ancora stato provato se il crollo della struttura di stoccaggio del diesel sia stato dovuto all’indebolimento dello strato di permafrost sul quale essa poggiava. Secondo Violetta Ryabko, “la Norilsk Nickel sta tentando di sfuggire alle proprie responsabilità utilizzando l’argomento dello scioglimento dei ghiacci dovuto ai cambiamenti climatici. Ma sapeva del fenomeno e avrebbe dovuto verificare gli impianti”.

Un problema che, tuttavia, risulta generalizzato: “In Russia, costruiti sul permafrost, ci sono sistemi di stoccaggio di petrolio, oleodotto e gasdotti, e anche reattori nucleari. Secondo una ricerca, oggi a causa dello scioglimento dei ghiacci nei siti petroliferi della Siberia occidentale si registrano circa 7.400 incidenti all’anno. Gli scienziati indicano che il 45 per cento dei giacimenti di petrolio e gas nella Russia artica è situato in zone ad alto rischio. Aggravato dall’indebolimento del permafrost, che entro il 2050 causerà gravi danni a tutte le infrastrutture”. Un motivo in più per abbandonare le fonti fossili e puntare sulle alternative possibili: “A cominciare dagli impianti eolici. È necessario che la Russia adotti misure serie per combattere il riscaldamento climatico”.

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