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L’India mira a convertire alla mobilità elettrica l’intero parco circolante. Un obiettivo ambizioso, reso necessario dai dirompenti livelli d’inquinamento atmosferico. Entro la fine del 2018 entrerà in funzione una mega fabbrica statale di batterie.
La cattiva qualità dell’aria provoca ogni anno oltre 1,1 milioni di morti in India. Un dato drammatico, allineato con la Cina, altro colosso asiatico nel quale le polveri sottili sono fuori controllo da tempo. Con una differenza: l’inquinamento atmosferico, secondo le ricerche dell’ente no profit americano Health Effects Institute, in Cina è ormai stabile da alcuni anni, mentre in India ha conosciuto un aumento vertiginoso nell’ultima decade. Una situazione che ha spinto il governo di Nuova Delhi a rafforzare gli investimenti in favore delle fonti rinnovabili, in special modo l’eolico, riducendo il ricorso alle centrali termoelettriche a carbone e, soprattutto, promettendo un’evoluzione epocale quale la circolazione delle sole auto elettriche entro il 2032.
L’india mira in quindici anni a bandire le vetture tradizionali in favore dei modelli a batteria. Un piano a dir poco ambizioso, specie considerando lo stato attuale dell’immenso parco circolante – oltre 21 milioni di veicoli – tra i meno moderni al mondo. Una road map che prevede sin da subito un incremento vertiginoso delle vendite di auto elettriche, così da poter contare su oltre sette milioni di unità nel 2020. Una conversione alla mobilità sostenibile che, per portata e importanza, surclasserebbe quanto sinora realizzato da Paesi tradizionalmente “green” quali la Norvegia e l’Olanda. Oltre a limitare le vendite dei modelli tradizionali, alimentati mediante carburanti d’origine fossile, il governo indiano finanzierebbe la realizzazione di una fabbrica di stato di batterie, così da rendere “democratica” la diffusione della propulsione a zero emissioni.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters, l’India conta di sostenere economicamente la creazione di una mega fabbrica statale di batterie con i proventi della tassazione delle vetture endotermiche. Lo stabilimento dovrebbe vedere la luce entro la fine del 2018 e produrre, una volta a regime, 250 megawattora di accumulatori, per arrivare a un gigawattora nel 2020. Le celle verranno destinate tanto ai costruttori di vetture, così da rendere più agevole la conversione produttiva, sia ai privati che ne facciano richiesta come ricambistica, calmierando i prezzi e rendendo accessibile la mobilità elettrica. In parallelo, lo stato sosterrà l’espansione della rete di ricarica, da creare pressoché da zero.
I progetti indiani a lungo termine, come accennato, prevedono l’elettrificazione dell’intero parco circolante. Un orizzonte ambizioso che dovrà scontrarsi con l’industria automotive, presa in contropiede da un’evoluzione tanto radicale. Al momento, infatti, la Mahindra è l’unico costruttore nazionale con una gamma di modelli a batteria. In aggiunta, il governo indiano sembra poco propenso a incentivare la diffusione dei veicoli ibridi, vero e proprio ponte – specie nella declinazione plug-in, vale a dire a batterie ricaricabili – tra la mobilità del passato e quella del futuro. La rotta, in ogni caso, è tracciata, dato che Nuova Delhi ha reso nota la riduzione del 50 per cento del fabbisogno di petrolio del Paese entro il 2030. La conversione sostenibile dell’immenso parco circolante indiano avrebbe riflessi positivi sia diretti sull’ambiente, sia indiretti sulla diffusione degli EV (Electric Vehicle) nel mondo, fungendo da sprone per le case auto alla realizzazione di modelli sempre più economici e fruibili.
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