
L’Italia bandisce dai documenti della Pubblica amministrazione la parola “razza”, ormai scientificamente inadatta: al suo posto si userà “nazionalità”.
Il governo rinuncia ad approvare entro l’estate la legge sullo ius soli per i figli di stranieri cresciuti in Italia, ferma dal 2015. Se ne riparlerà in autunno.
Alla fine dello scorso anno l’avevamo inserita tra le buone leggi che ci aspettavamo dal parlamento per il 2017, e in effetti l’approvazione della riforma della legge sulla cittadinanza italiana per gli stranieri residenti in Italia fino a pochi giorni fa sembrava molto vicina. Poi qualcosa è cambiato e la questione è stata rimandata: il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni assicura però di volere la legge entro il prossimo autunno, quindi la speranza non è ancora svanita. Le critiche per il rinvio, però, sono arrivate puntuali, come quelle di Amnesty International attraverso il suo portavoce Riccardo Noury.
Il rinvio della discussione sullo #IusSoli conferma che le istituzioni di questo paese hanno paura di fare serie riforme sui diritti umani.
— Riccardo Noury (@RiccardoNoury) 16 luglio 2017
Il disegno di legge detto dello “ius soli” (letteralmente “diritto del suolo”) perché si basa sul principio del diritto alla cittadinanza in base al paese in cui si nasce o si cresce, era stato approvato già nell’ottobre 2015 dalla Camera: il testo prevedeva (e prevede ancora) che i bambini nati in Italia siano cittadini italiani se almeno uno dei genitori ha il permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo o il diritto di soggiorno permanente (ius soli temperato) altrimenti dovranno frequentare uno o più cicli scolastici per almeno cinque anni (il cosiddetto ius culturae).
È passato oltre un anno e mezzo prima che il disegno di legge iniziasse a essere discusso anche in Senato, ma poi le cose non sono andate per il meglio: le forti proteste delle opposizioni, dalla Lega Nord a Fratelli d’Italia, passando anche per il Movimento 5 stelle, che hanno legato la questione della cittadinanza all’aumento degli sbarchi di migranti nel mar Mediterraneo (sebbene le due questioni siano nei fatti completamente distinte, non essendoci alcuna automaticità tra l’approdo in Italia e l’acquisizione della cittadinanza), ma soprattutto le divisioni all’interno della stessa maggioranza hanno rallentato i lavori, con la parte di Alternativa popolare guidata dal ministro degli Esteri Angelino Alfano che si è mostrata non convinta della legge. Addirittura, lo scorso 15 giugno in Senato durante il dibattito sono volati insulti e non solo, con la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli che è rimasta lievemente ferita dopo essere stata spinta contro un banco.
#Cittadinanza strumento principe per integrazione. Non approvare legge #IusSoli entro fine legislatura sarebbe un torto #Ventaglio
— laura boldrini (@lauraboldrini) 18 luglio 2017
Alla fine il premier Gentiloni si è dovuto arrendere all’idea di rimandare la questione a dopo l’estate: “Non è possibile arrivare all’approvazione definitiva prima della pausa estiva – ha detto – ma non rinunciamo alla legge sulla cittadinanza, in autunno si farà”. E anche la presidente della Camera Laura Boldrini ha avvisato che “è necessario arrivare all’approvazione entro la fine della legislatura, altrimenti si impedisce l’integrazione e si alimenta la rabbia”. Ora spetta al parlamento mantenere la parola. Ci vediamo a settembre.
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