La storia di Julian Assange, dall’inizio

Assange rischia l’estradizione negli Usa e 175 anni di carcere per spionaggio. In attesa della pronuncia dell’Alta Corte, ripercorriamo la sua storia.

  • Julian Assange è il fondatore di Wikileaks e ha a suo carico 18 capi di accusa negli Usa per violazione dell’Espionage Act.
  • L’Alta Corte di Londra si è riunita per valutare l’appello di Assange contro la sua estradizione negli Usa.
  • Le condizioni di salute di Assange vanno peggiorando. Per la moglie rischia di morire.

Il 20 e 21 febbraio a Londra ci sono state le udienze per stabilire se Julian Assange può fare appello contro l’estradizione negli Stati Uniti. Il cittadino australiano fondatore di Wikileaks rischia fino a 175 anni di carcere, a causa di 18 capi di accusa relativi alla sua attività di spionaggio e che violerebbero il cosiddetto Espionage Act.

Di Assange si parla dal 2010, anno a partire dal quale ha reso pubblici migliaia di documenti riservati che gettano molte ombre sull’operato della diplomazia americana e dell’esercito Usa, ma non solo. Il 52enne si trova dal 2019 nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh e con il passare del tempo il  suo stato di salute si è deteriorato, al punto che nemmeno è riuscito a presentarsi alle udienze di questi giorni relative alla sua estradizione.

In attesa della pronuncia dei giudici, che arriverà nelle prossime settimane, ripercorriamo dall’inizio la storia di Julian Assange.

Julian Assange
Il presidio per Julian Assange fuori l’Alta Corte di Londra © Dave Benett/Dave Benett/Getty Images

Julian Assange e Wikileaks

Julian Assange è un programmatore informatico e giornalista australiano, nato nel 1971. La cronaca ha iniziato a parlare di lui nel 1995, quando una Corte australiana lo ha giudicato colpevole di hackeraggio, però graziandolo. Ma Assange è salito realmente alle luci della ribalta nel primo decennio del Duemila.

Nel 2006 Assange fonda Wikileaks, una piattaforma che si prefigge di pubblicare documenti coperti da segreto, inviati da whistleblower in modo da garantire loro totale anonimato e non tracciabilità. Nei primi anni di vita la piattaforma, gestita da Assange e da un grande team di giornalisti, scienziati, attivisti proveniente da tutto il mondo e spesso coperto da anonimato, pubblica documenti che riguardano un po’ tutto: dalle guerre in Afghanistan e Iraq alla corruzione nei regimi africani, passando da accuse di evasione fiscale dei colossi finanziari internazionale e molto altro. Ma la ribalta per Wikileaks, è per Julian Assange, arriva nel 2010.

Quell’anno la piattaforma pubblica una serie di file e cablogrammi riservati del governo ed esercito americano che riguardano tra le altre cose il modus operandi dei militari statunitensi nella guerra in Afghanistan e in Iraq, ma anche nel carcere di massima sicurezza di Guantanamo. Decisiva nell’ottenimento dei documenti è la militare statunitense Chelsea Manning, che si trova in Iraq e passa a Wikileaks una serie di documenti sulle atrocità commesse dagli Stati Uniti sul campo di battaglia. Per esempio, un attacco aereo su civili disarmati avvenuto nel 2007 a Baghdad, con l’uccisione di due giornalisti dell’agenzia Reuters e il compiacimento dei soldati Usa a bordo dell’elicottero che apre il fuoco. E ancora torture e crimini di guerra commessi nel corso delle operazioni militari, manipolazione dei dati sui decessi di civili per mano americana e molto altro. Manning viene arrestata e condannata a 25 anni (sarà poi graziata da Barack Obama). In parallelo anche per Assange inizia un calvario giudiziario.

L’arresto e la detenzione

Nel 2010, pochi mesi dopo l’esplosione di Wikileaks, un tribunale svedese ordina la cattura di Assange per una denuncia di molestie sessuali depositata da due donne (accuse che cadranno nel 2017). Assange si consegna alla polizia a Londra e passa nove giorni in carcere, per poi essere liberato su cauzione. La Svezia intanto ne chiede l’estradizione e a novembre 2011 il Regno Unito accetta la richiesta. Assange ottiene allora asilo politico presso l’ambasciata dell’Ecuador di Londra, dove non può essere arrestato e dove di fatto si trova a vivere in una sorta di detenzione domiciliare per quasi sette anni.

Nel 2015 le Nazioni unite definiscono il trattamento riservato da Svezia e Gran Bretagna nei confronti di Julian Assange “detenzione arbitraria e illegale”, chiedendo una fine della persecuzione che viene però respinta al mittente. Durante la sua simil-detenzione nell’ambasciata ecuadoriana, l’attività di Wikileaks prosegue e nel 2016 vengono pubblicati una serie di file che riguardano la candidata alle elezioni presidenziali statunitense del Partito democratico, Hillary Clinton. Pettegolezzi e cose di poco conto più che grossi scoop come quelli del passato, che in ogni caso segnano in modo netto la campagna elettorale anche per il modo in cui vengono amplificati dai media. Assange è accusato di aver ottenuto il materiale dagli hacker russi, nell’ambito di quell’ampio piano di interferenze del Cremlino nelle elezioni americane divenuto noto col nome “Russiagate” e che è stato effettivamente capace di influenzare l’esito del voto a favore di Donald Trump, secondo le conclusioni di intelligence. Parte del pubblico che fino a quel momento lo aveva apprezzato, soprattutto l’ala più progressista, inizia a voltargli le spalle mentre Assange inizia a piacere anche all’estrema destra.

Julian Assange
Julian Assange sul balcone dell’ambasciata dell’Ecuador © Carl Court/Getty Images

Nel 2019 Assange perde l’asilo politico nell’ambasciata dell’Ecuador e l’11 aprile di quell’anno viene arrestato dalle autorità britanniche per i capi d’accusa del 2012, cioè la violazione della libertà provvisoria dopo l’arresto di quell’anno. Assange viene trasferito nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh e inizia l’iter processuale per la sua estradizione negli Stati Uniti, richiesta dall’amministrazione Trump.

Le condizione di salute di Assange

Sin dal periodo dell’asilo politico nell’ambasciata dell’Ecuador, e poi in modo più drastico nel carcere di massima sicurezza, lo stato di salute di Julian Assange è andato peggiorando. 

Già nel 2018 i medici che lo seguivano, Sondra Crosby dell’Università di Boston e lo psicologo di Londra Brock Chiisholm, avevano denunciato che la sua reclusione di fatto in due stanze dell’ambasciata, la scarsa possibilità di seguire una dieta sana e lo stato di isolamento in cui si trovava da anni stavano avendo effetti gravi sul suo fisico e la sua mente. Nel 2019, dopo pochi mesi in carcere, Assange è stato trasferito nel reparto ospedaliero per un deterioramente delle sue condizioni. “La sua salute ha continuato a peggiorare e ha perso molto peso. La decisione delle autorità penitenziarie di trasferirlo nel reparto ospedaliero dice tutto”, ha denunciato Wikileaks. Che ha iniziato a parlare di un imminente rischio di morte.

Negli anni successivi la salute di Assange è peggiorata ulteriormente, tra contrazione del Covid e altre patologie che ne hanno pregiudicato lo stato psicofisico. Nel 2021 ha avuto un piccolo ictus e il suo stato ha anche impedito la partecipazione ad alcune udienze. Come l’ultima, quella del 20 febbraio e in cui Assange non si è visto, impossibilitato proprio per le sue condizioni sanitarie precarie.

Il rischio estradizione

Il fondatore di Wikileaks ha 18 capi d’accusa relativi allo spionaggio e rischia 175 anni di carcere negli Stati Uniti. 

Nel 2021 la giudice britannica Vanessa Baraitser si è opposta alla richiesta di estradizione, giustificando la decisione con le difficili condizioni di salute di Assange, che potrebbero portarlo fino al suicidio. L’anno successivo l’Alta Corte di Londra ha però confermato il suo trasferimento oltreoceano, motivandolo con le rassicurazioni date dagli Stati Uniti sull’intenzione di non incarcerarlo nella loro prigione più estrema e di non sottoporlo alle misure detentive più stringenti. L’allora ministra britannica degli Interni, Priti Patel, ha formalmente approvato la sua estradizione e ad Assange è stata negata la possibilità di fare appello contro la decisione. Successivamente però il fondatore di Wikileaks ha ottenuto di poter fare ricorso contro questo rifiuto. 

Il 20 e 21 febbraio i giudici si sono riuniti per decretare se ridargli possibilità di appello contro la decisione dell’Alta Corte. Le udienze si sono concluse e la sentenza verrà data in una data da definirsi, presumibilmente a marzo. Nel frattempo si è fatta sentire sempre più forte in questi giorni la voce di chi è contro l’estradizione di Assange. Molte persone sono scese in piazza in contemporanea all’udienza, mentre ha preso posizione in questo senso anche Alice Jill Edwards, relatrice speciale dell’ONU sulla tortura. “Questo caso è destinato a stabilire se Julian vivrà o morrà”, ha detto Stella Assange, sua moglie.

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