
Una serie di operazioni anti-immigrazione hanno causato proteste a Los Angeles. Donald Trump ha risposto con l’invio dell’esercito, alzando la tensione.
L’autorità governativa dei media ungherese revoca la frequenza all’emittente privata Klubradio. Critiche dall’Europa: “Violata la libertà d’espressione”.
La storica emittente privata di Budapest Klubradio ha cessato le sue trasmissioni dalla mezzanotte di domenica 14 febbraio 2021. L’ultima voce critica nei confronti del governo di Viktor Mihály Orbán, che trasmetteva nella città di Budapest sulle frequenze 92.9 Fm, ha perso la sua licenza di trasmissione, e quindi la frequenza, a causa di quello che all’unanimità è stato definito un cavillo burocratico: un vero e proprio pretesto per mettere a tacere l’ultimo baluardo dell’informazione indipendente ungherese.
Considerata l’unica voce dissidente sopravvissuta alla chiusura che, uno dopo l’altro, ha colpito tutti gli organi di stampa ungheresi non direttamente controllati dal governo, Klubradio aveva visto negarle il rinnovo di licenza già nel settembre scorso.
Il direttore e proprietario András Arató, giornalista dal 1980, ha commentato: “Me l’aspettavo, ma si tratta comunque di una decisione vergognosa e codarda (…) Un’esecuzione attraverso la quale Orbán fa tacere l’ultima radio libera del Paese”.
Lo scorso settembre, la potente Autorità nazionale dei media (Nmhh), organismo statale che controlla di fatto tutti i media nazionali, nato nel 2010 per volere dello stesso Orbán e composto da cinque membri di nomina parlamentare, ha revocato la licenza di trasmissione di Klubradio, rea di aver comunicato in ritardo alle autorità governative il report sulle quote di musica e notizie nazionali e internazionali che i media hanno obbligo di trasmettere settimanalmente.
Insieme ad altre emittenti, Klubradio aveva pagato una multa, ma a differenza di altre radio allineate con il governo, si è vista silenziare i microfoni. A nulla, infatti, è servito il ricorso dell’emittente appellatasi alla legge e ai trattati europei in materia di libertà di stampa, che qualche giorno fa è stato respinto dalla Corte di giustizia di Budapest.
Non è la prima volta che la Nmhh colpisce la storica radio: tra il 2010 e il 2014 le aveva revocato il diritto di trasmettere fuori dalla capitale e Klubradio, oltre ad aver perso le sue dodici frequenze provinciali, riusciva a trasmettere grazie a permessi rinnovati ogni sessanta giorni dall’organo statale stesso. Oltre a questo, negli anni la radio si era vista annullare diversi contratti pubblicitari da imprenditori vicini a Orbán e dal 2010 viveva solo delle donazioni del pubblico.
In un’intervista, il direttore András Arató ha affermato: “È dal novembre del 2019 che Klubradio tenta di rinnovare la licenza di trasmissione che ci hanno negato. Ovviamente ci sono casi di violazione molto più gravi nel Paese che non hanno avuto conseguenze. Abbiamo fatto ricorso alla Corte, ma non ci ha protetto. È stata una battaglia politica. Il premier Orbán ha dato un occhio al calendario: nella primavera del 2022 ci saranno le elezioni parlamentari e per quella data deve eliminare tutte le voci indipendenti”.
Le trasmissioni analogiche di Klubradio sono state silenziate, ma la radio non intende fermare le proprie trasmissioni. Dopo il conto alla rovescia sulle frequenze fm negli ultimi secondi di vita della radio, infatti, il team si è subito trasferito online sulla propria piattaforma digitale e su YouTube, comunque ben consapevole di riuscire a mantenere solo una piccola parte di ascoltatori.
Sulle nuove frequenze online, come prima cosa il direttore ha trasmesso l’Inno alla gioia, inno ufficiale dell’Unione europea, in segno di protesta e ha annunciato che farà appello e poi ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo e alla Corte di giustizia dell’Unione in Lussemburgo, in riferimento al nuovo meccanismo europeo di tutela dello stato di diritto che, nei mesi scorsi, è stato anche motivo di messa in discussione all’accesso di Ungheria e Polonia ai fondi del Next generation Eu.
Secondo una nota dell’Ansa, l’Ue avrebbe condannato la chiusura della radio, sospesa “con motivazioni giuridiche molto discutibili” e avrebbe già chiesto all’Ungheria di consentire a Klubradio di continuare a trasmettere.
“Quando l’Ungheria applica le norme Ue sulle frequenze dovrebbe rispettare la carta dei diritti fondamentali, che includono la libertà di espressione, informazione e di impresa”, ha detto Christian Wigand, uno dei portavoce della Commissione europea, mentre Katalin Cseh, europarlamentare liberale, ha definito la chiusura: “Un altro colpo contro il pluralismo dei media”, aggiungendo: “In Ungheria è in corso la soppressione sistematica delle voci indipendenti”.
In Italia, dal Partito democratico è arrivata un’interrogazione parlamentare al ministro degli esteri Lugi Di Maio in cui si legge: “Nel rispetto e nella difesa dei valori comuni europei, la battaglia di Klubradio non può restare solo una vicenda ungherese, ma deve rappresentare una nuova sfida di tutti gli europei per non segnare un precedente pericoloso per il futuro”.
A partire dal 2010, anno in cui per la prima volta il partito Fidesz di Orbán è salito al potere, la stampa ungherese è stata sotto il controllo del governo stesso: leggi sui media apposite, passaggi di proprietà e accorpamenti editoriali hanno reso la libertà di stampa in Ungheria impraticabile.
Nell’autunno 2016 è stato chiuso lo storico quotidiano di opposizione Népszabadság; nel 2018 cinquecento giornali e stazioni radio-televisive sono state accorpate in un unico organo controllato dal governo e, l’anno scorso, Szabolcs Dull, direttore del principale giornale online ungherese index.hu, è stato licenziato dopo che il cinquanta percento delle quote della società editrice del giornale erano state acquistate da un imprenditore vicino a Orbán.
Solidarietà a Klubradio è arrivata anche dal Magyar Hang, sito ungherese nato dalle ceneri del quotidiano Magyar Nemzet chiuso nel 2018, che ha detto: “Privare Klubradio delle frequenze è una decisione politica. La stazione ha costruito una solida base di ascoltatori e il potere non può tollerarlo. Ieri è toccato a noi, oggi a loro e domani sarà qualcun altro a essere vittima di questo potere senza scrupoli”.
A testimoniare l’oppressione del governo sulla stampa, anche l’International press freedom index, l’indice sulla libertà di stampa stilato da Reporter senza frontiere, che nel 2020 ha decretato l’Ungheria all’ottantanovesimo posto su centottanta Paesi. La libertà di espressione è in caduta libera in un Paese che, solo nel 2006, era al sesto posto.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Una serie di operazioni anti-immigrazione hanno causato proteste a Los Angeles. Donald Trump ha risposto con l’invio dell’esercito, alzando la tensione.
A bordo della Madleen, gestita dalla Freedom Flotilla Coalition, c’erano pacchi di aiuti umanitari e l’attivista Greta Thunberg. L’equipaggio è in stato di fermo in Israele.
La misura è stata annunciata il 4 giugno dal presidente Trump. Per l’Onu è un provvedimento discriminatorio e che suscita preoccupazioni.
La Sierra Leone è uno degli stati africani più esposti al rischio di carestie e calamità naturali. Anche a causa della deforestazione, fenomeno che l’Occidente sembra voler ignorare.
Dall’Unione europea al Regno Unito, passando per il Canada, crescono le misure diplomatiche contro Israele. Che però va avanti con il genocidio a Gaza.
Dall’Africa all’Amazzonia, con un bianco e nero più vivo di ogni colore ha raccontato bellezze e fragilità del mondo. E dell’uomo che ci si muove dentro.
L’amministrazione Trump sta portando avanti una battaglia contro le università e le proteste studentesche per Gaza. Ora ha vietato agli stranieri di frequentare Harvard.
Il 30 aprile ha segnato il cinquantesimo anniversario della fine della guerra del Vietnam. Questo reportage è un viaggio alla scoperta delle storie delle donne Viet Cong che hanno lottato per la resistenza e la riunificazione del paese.
Il 18 maggio in Romania si è tenuto il ballottaggio delle presidenziali e ha visto la sconfitta dell’estrema destra. Nel weekend si è votato anche in Polonia e Portogallo.