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Non esiste alcun futuro senza una lotta efficace a chi semina morte e degrado e fa affari sulla pelle dei territori e delle comunità. È il rapporto Ecomafia 2017 raccontato dalla presidente di Legambiente.
Da 24 anni con il rapporto Ecomafia raccontiamo la lotta contro gli ecocrimali. Lo facciamo mettendo insieme mondi e sensibilità apparentemente diversi, facendoli dialogare, creando uno spazio comune per il bene del paese. È un libro che non è mai lo stesso e ricorda a tutti, ogni anno, che la liberazione dall’ecomafia e dalla criminalità ambientale è la precondizione per ogni altra rivoluzione veramente green e che non esiste alcun futuro possibile senza una lotta efficace a chi semina morte e degrado e fa affari illeciti sulla pelle dei territori e di intere comunità.
Per tutto questo il rapporto Ecomafia di Legambiente è un libro che unisce e coinvolge magistrati, forze dell’ordine, imprenditori, associazioni, politici, funzionari, cittadini, che per una volta si ritrovano dalla stessa parte – seppure con sfumature diverse –, facendo i conti con i numeri e le storie del rapporto, provando a dare risposte concrete. Quest’anno, per ricordare l’impegno di tutti coloro che ogni giorno si battono per proteggere la nostra casa comune abbiamo voluto dedicare il volume alla memoria del nostro amico Valerio Verri, volontario del servizio di vigilanza ambientale di Legambiente ucciso a Portomaggiore, nel ferrarese, mentre tentava di proteggere il suo territorio da pescatori di frodo e bracconieri.
I numeri di quest’anno, in estrema sintesi, dicono che i reati ambientali sono in leggero calo, anche se ne sono contati comunque 25.889, così come diminuisce il fatturato dell’ecomafia, che ammonta a circa 13 miliardi (mentre aumentano gli arresti (225), le denunce (28.818) e i sequestri (7.277). Sono i primi effetti evidenti della legge 68 che nel 2015 ha inserito i delitti ambientali nel codice penale, che ha reso più incisiva l’azione repressiva – come dimostra la crescita di arresti, denunce e sequestri – e innalzato enormemente la forza deterrente nei confronti delle imprese più spregiudicate, che oggi rischiano grosso, sia in termini penali che civili (come dimostra il calo generale dei reati). La garanzia di impunità è stata mandata in soffitta e le imprese che vogliono continuare a stare sul mercato devono mettersi in regola. È questo l’obietto principale della legge 68. Obiettivo per ora raggiunto.
Nonostante ciò, rimangono sul campo i più ostinati nemici dell’ambiente. Tra questi, mafie e corruzione, due facce della stessa medaglia, che anche nel 2016 si confermano attori principali sul fronte dei reati ambientali. Se quest’anno abbiamo contato altri cinque clan attivi, portando il computo complessivo a 331 famiglie mafiose coinvolte, l’esercito di corrotti e corruttori macina sfregi e saccheggi ambientali lungo tutto lo stivale, non solo nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (dove si è concentrato nel 2016 il 44 per cento degli illeciti complessivi), ma soprattutto nel Lazio, in Lombardia e in quasi tutto il Nord. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo contato ben 76 maxi inchieste in cui la corruzione è stata usata come grimaldello per commettere scempi ambientali, con l’arresto e la denuncia di 1.140 persone. Così come urge fermare la mano degli incendiari, che nell’ultimo anno hanno mandato in fumo più di 27mila ettari di boschi (con un trend in pericolosa ascesa), dei ladri di beni culturali (570 i furti censiti) e dei killer del made in Italy agroalimentare, attivi soprattutto nelle filiere di altissimo valore aggiunto dei marchi tutelati (circa 40mila le sanzioni comminate, tra illeciti penali e amministrativi).
Inoltre, anche in questa edizione siamo stati costretti a fare i conti con un’aggressione che si consuma sempre di più nei Parchi e nelle aree protette, quelle più ricche di biodiversità e di bellezza, e con un abusivismo edilizio che non risparmia alcun lembo di paese, anche se al sud registra le sue performance peggiori: secondo le stime del Cresme nell’ultimo anno sono nati altri 17 immobili fuori legge. Con l’ulteriore nota stonata delle demolizioni ferme al palo, nonostante qualche generoso buon esempio, come nel Comune di Licata, in provincia di Agrigento. Senza dimenticare la lotta ai sacchetti per la spesa illegali, vera minaccia soprattutto per gli ecosistemi marini, e la diffusa illegalità nella gestione degli animali da reddito, dove latitano i controlli (che riguarderebbe solo lo 0,6 per cento del totale degli allevamenti attivi) e i rischi per la salute pubblica sembrano essere sempre dietro l’angolo. Rimane ancora molto da fare, insomma, anche se la strada imboccata è quella giusta, e noi saremo i primi a batterla e a presidiarla. Come sempre, da più di trent’anni a questa parte. Dalla parte del popolo inquinato.
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