L’Europa dice sì a gas e nucleare in tassonomia

La Commissione europea ha chiuso l’atto delegato con cui include nella tassonomia verde il gas e il nucleare. Contrari sei commissari.

  • La Commissione europea ha incluso gas e nucleare nella tassonomia verde
  • Alla riunione preparatoria, sei commissari hanno dato parere contrario, tra cui Frans Timmermans, il “padre” del Green deal
  • La Commissione ha ignorato anche il responso di diversi esperti, secondo i quali i paletti fissati per gas e nucleare in tassonomia sono insufficienti

Alla fine il verdetto è arrivato. E “verde” non è. La Commissione europea ha ammesso il gas e il nucleare nella tassonomia, ovvero nell’elenco delle attività economiche considerate sostenibili e compatibili con gli obiettivi climatici fissati a livello comunitario. Tali business potranno ricevere più facilmente finanziamenti: di qui lo sforzo da parte delle lobby delle fossili e dell’atomo per convincere Bruxelles a non tenere fuori le due fonti di energia.

Nel documento presentato il 2 febbraio, la Commissione ha ricalcato in larghissima parte la bozza inviata agli stati membri il 31 dicembre 2021. Si tratta di un compromesso favorevole per chi voleva guadagnare tempo e abbandonare il gas il più tardi possibile (la Germania) e per chi voleva continuare a mantenere le centrali nucleari (la Francia). Sicuramente, un accordo al ribasso per il clima e l’ambiente.

“È in corso una tentata rapina“, è stato il commento a caldo di Ariadna Rodrigo di Greenpeace Europa. “Qualcuno sta cercando di togliere miliardi di euro alle rinnovabili per buttarli in tecnologie che, come il nucleare e il gas fossile, non fanno nulla per contrastare la crisi climatica o peggiorano attivamente il problema. Per trovare i responsabili basta cercare nella Commissione europea: qualcuno fa solo finta di prendere sul serio l’emergenza ambientale e climatica”.

Chi aveva detto di ‘no’ a gas e nucleare in tassonomia

Il compromesso è arrivato dopo che ieri, 1 febbraio, durante la riunione preparatoria, sei commissari, rappresentanti di altrettanti stati membri, si erano detti contrari all’approvazione dell’atto delegato. Una spaccatura nella quale l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen non si era mai trovato prima.

La voce più critica è stata quella dell’olandese Frans Timmermans, il “padre” del Green deal, a cui sono seguiti l’austriaco Johannes Hahn, il lussemburghese Nicolas Schmit, la danese Margrethe Vestager, il lituano Virginijus Sinkevičius (che ha il portafoglio per l’ambiente e gli oceani all’interno della Commissione) e la portoghese Elisa Ferreira.

Secondo quanto riportato da diverse testate, i rappresentanti contrari al contenuto dell’atto delegato hanno criticato la decisione della Commissione avvertendo che gas e nucleare in tassonomia mettono a rischio gli obiettivi del Green Deal e gli investimenti verdi.

Frans Timmermans
Frans Timmermans si era opposto all’inclusione di gas e nucleare in tassonomia © Michael Owens/Getty Images for Freuds

I paletti dei nuovi provvedimenti sono insufficienti

Di altro parere la commissaria estone Kadri Simson, per la quale molti stati non sarebbero in grado di raggiungere gli obiettivi del Green deal senza l’aiuto transitorio di gas (è il caso dell’Italia) e nucleare, da un punto di vista tecnico, economico e sociale (come dimostrerebbero gli aumenti delle bollette dell’elettricità di questi ultimi mesi).

Parlando di gas, diversi commissari hanno difeso la scelta di introdurre una soglia di emissioni di 270 grammi di CO2 per kilowattora (o una media annuale di 550 kg di CO2e per kilowattora) dell’energia prodotta dalla capacità della struttura in 20 anni, come dimostrazione del fatto che così si aiutano anche le economie più “arretrate” in investimenti verdi. Ma queste soglie superano di gran lunga le raccomandazioni scientifiche del gruppo di esperti tecnici della Commissione. Inoltre, il fatto che le emissioni consentite siano in media su 20 anni crea una scappatoia: un progetto che emette più di 550 kg di CO2e per kw all’anno può ancora essere conforme alla tassonomia se gli sviluppatori promettono di ridurre le emissioni nel tempo, ad esempio attraverso il l’uso di tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (Ccs), che non sono ancora commercialmente valide.

L’annuncio coincide con la pubblicazione di un rapporto del think tank InfluenceMap, che rivela come le principali compagnie energetiche e le loro associazioni di settore stiano diffondendo messaggi progettati per ‘politicizzare’ le politiche basate sulla scienza e assicurare un futuro per il gas fossile. Il documento sottolinea che questi sforzi di lobbying provengono da diversi giganti energetici europei, tra cui Equinor, TotalEnergies, Gazprom, Repsol, BP, Engie e Royal Dutch Shell.

I nuclearisti non sono soddisfatti

Gli stessi commissari hanno ricordato che le nuove centrali nucleari potranno essere solo di nuova generazione (mentre quelle più vecchie potranno contare su un surplus di attività solo se si convertono ai cicli di terza generazione). Questi paletti sono stati ritenuti insufficienti da diversi gruppi di esperti, tra cui il Gruppo sulla finanza sostenibile (Platform for Sustainable Finance), istituito dall’Unione europea per stilare la lista di attività green.

Nonostante ora il nucleare sia stato ammesso tra le energie “ecocompatibili”, non mancano le difficoltà ad attuare quanto previsto dall’atto delegato. I nuclearisti (soprattutto francesi) hanno sottolineato che sarà molto difficile rispettare le tempistiche dettate dal provvedimento, il quale prevede di apportare le modifiche richieste alle centrali esistenti entro il 2040 o concludere i nuovi progetti nucleari entro il 2045.

Inoltre, un ulteriore requisito previsto dall’atto delegato prevede che i nuovi progetti di centrali nucleari debbano utilizzare il cosiddetto “carburante resistente agli incidenti” o accident tolerant fuel. Per Foratom, l’associazione che riunisce le industrie dell’energia nucleare in Europa, tale requisito doveva entrare in vigore solo una volta che questi combustibili fossero disponibili sul mercato.

I prossimi passi della tassonomia

Ora il provvedimento (chiamato Complementary delegated act) che stabilisce cosa sia ecocompatibile e cosa no è stato approvato nonostante il parere contrario dei sei commissari. Tra i favorevoli c’era l’Italia che ha criticato non il merito ma il metodo scelto per elaborare questo atto delegato: l’Italia è tra i paesi che avrebbe introdotto ulteriori fasce di “inquinamento intermedio”.

Ma ciò avrebbe causato un nuovo rinvio, considerato inaccettabile dalla presidente della Commissione. Commissione che ora passa la palla a parlamento e consiglio europei. I due organi avranno quattro mesi di tempo (che possono essere estesi a sei) e, se lo ritengono necessario, potranno sollevare obiezioni. Per farlo, in Consiglio è necessaria una maggioranza “rafforzata” di paesi contrari: almeno 20 stati rappresentanti il 65 per cento della popolazione europea.

Ma la principale battaglia politica dovrebbe svolgersi al parlamento europeo, dove gli eurodeputati hanno già espresso di essersi sentiti emarginati dalla Commissione europea. Il parlamento potrà sollevare obiezioni se il testo riceverà un voto negativo della maggioranza dei suoi membri in seduta plenaria (ossia almeno 353 deputati). Una volta terminato il periodo di controllo e se nessuno dei co-legislatori solleva obiezioni, l’atto delegato complementare entrerà in vigore e si applicherà a partire dal 1 gennaio 2023.

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