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Gli agricoltori italiani hanno avuto un’idea brillante per tutelare l’archeologia e il paesaggio italiano, traendo anche profitto. Ne parliamo con la Cia, Confederazione italiana agricoltori
Mentre il Governo parla di trivellare i nostri mari alla ricerca del poco oro nero presente nel Mediterraneo, gli operatori agrituristici che fanno capo alla Cia – Confederazione Italiana Agricoltori, si muovono concretamente con delle proposte per tutelare l’altro “oro” della penisola – quello troppo spesso dimenticato e considerato improduttivo: il nostro patrimonio fatto di archeologia e paesaggio.
L’idea è tanto semplice, quanto brillante: far gestire i beni archeologici minori agli agriturismi, togliendo l’onere economico allo Stato, per incrementare il turismo e produrre reddito. Ci ha raccontato nel dettaglio l’iniziativa Alberto Giombetti, responsabile relazioni esterne Cia.
Qual è la vostra richiesta al ministro dei Beni Culturali Franceschini?
Nella lettera che abbiamo inviato più di un mese fa e poi ripreso proprioin questi giorni, abbiamo chiesto di fare una convenzione con la nostra associazione agrituristica, Turismo Verde, perché siamo consapevoli dello stato di degrado in cui spesso si trovano i beni archeologici minori che invece sono un grande patrimonio del nostro Paese. I nostri operatori agrituristici sarebbero disposti a gestire questo patrimonio, a fare da un lato la manutenzione ordinaria, che è quella che rende fruibili i beni, dall’altro anche qualche manutenzione straordinaria. In cambio gli imprenditori agricoli potrebbero avere una maggiore presenza di turisti e offrire non solo le normali attività agrituristiche, cioè cibo di qualità e relax in mezzo a bellissimi paesaggi, ma anche cultura.
Lo Stato avrebbe comunque oneri di qualche tipo?
No. Noi riteniamo che basterebbe fare una convenzione tra il ministero e la nostra organizzazione, che poi si dovrebbe codificare successivamente anche con le varie sovrintendenze dando in cessione ai nostri operatori agrituristici il bene dello Stato. La proprietà ovviamente rimarrebbe allo Stato stesso, noi ci offriamo a garantire una fruibilità maggiore.
Avete già dei “siti pilota” dove iniziare questa forma di tutela?
Non abbiamo siti pilota, ma abbiamo già tanti operatori che si sono detti disposti a fare questo lavoro per esmpio in Puglia, in Basilicata, in Trentino, in Emilia Romagna, in Umbria, in Toscana, dove abbiamo anche la possibilità di gestire dei siti particolari… È evidente che stiamo puntando molto non ai siti archeologici di grande interesse, di cui è giusto che si occupi lo Stato perché devono essere fruibili al mondo intero, ma a quelli minori, comunque di grandissimo valore e che noi vogliamo appunto valorizzare. Saremmo già in grado di fare questo tipo di lavoro su tutto il territorio nazionale.
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