I finanziamenti in progetti energetici che l’Italia indirizza all’estero sono per il 90% su combustibili fossili. Nuovo rapporto di Legambiente e ReCommon.
Tra il 2019 e il 2021, l’Italia ha fornito 2,8 miliardi di dollari all’anno per finanziare i combustibili fossili. Una cifra enorme che posiziona il nostro paese al sesto posto nella classifica mondiale, davanti ad Arabia Saudita e Russia, rispettivamente all’ottavo e nono posto.
Per contro, solo il 3,5 per cento dei finanziamenti internazionali del nostro paese in tema di energia va alle rinnovabili. A dirlo è una nuova ricerca pubblicata da Oil change international e Friends of the Earth Usa, a cui hanno collaborato Legambiente e ReCommon.
I finanziamenti esteri ai combustibili fossili passano dalla Sace
Lo studio mostra, inoltre, che l’Italia è in ritardo nell’attuare l’impegno adottato alla Cop26 di Glasgow di mettere fine al finanziamento pubblico per progetti internazionali sui combustibili fossili entro il 2022.
Il rapporto ha dimostrato che i finanziamenti italiani per le fonti più inquinanti sono fluiti in gran parte attraverso l’agenzia italiana di credito all’esportazione, la Servizi assicurativi del commercio estero (Sace). Sace ha fornito supporto a molti progetti controversi, tra cui un progetto di estrazione di gas in Mozambico, che sta esacerbando un conflitto interno al paese africano che ha causato migliaia di morti. Sace ha anche sostenuto le fonti fossili in Russia nei sette anni trascorsi dall’annessione della Crimea, azioni che hanno aiutato la Russia ad arricchirsi prima di invadere l’Ucraina.
Solo il 3,5 per cento di finanziamenti alle rinnovabili
Il nuovo rapporto rivela che tra il 2019 e il 2021 i paesi del G20 e le principali banche multilaterali di sviluppo (istituzioni sovranazionali create dagli stati che ne sono pure azionisti) hanno finanziato una media annua di 56 miliardi di dollari per progetti di petrolio, gas e carbone, superando il sostegno alle energie rinnovabili, che hanno invece ricevuto una media annua di 29 miliardi di dollari nello stesso periodo.
Nel caso italiano, su una quota totale di 3,2 miliardi di dollari investiti per il finanziamento dell’energia tra il 2019 e il 2022, solo 112 milioni sono andati per sostenere progetti di energia pulita. Ciò significa che una percentuale che sfiora il 90 per cento è andato ai combustibili fossili e il 3,5 per cento è andato alle fonti rinnovabili (mentre la parte restante, ossia il 6,7 per cento, è andata ad altre voci non meglio definite).
🔴BREAKING NEWS 1/The Italian government wants to weaken the Glasgow Declaration of COP26, which is supposed to stop international public funding to fossil fuels by 2022, to satisfy @SACEgroup and Eni's hunger for new oil and gas.#FossilFinancehttps://t.co/p7v58VVHSCpic.twitter.com/qShRIl31K2
L’Italia vuole indebolire l’impegno preso alla Cop26
All’Italia mancano meno di due mesi per rispettare la scadenza di fine anno del suo impegno a porre fine alla finanza pubblica internazionale per i combustibili fossili. Altri paesi, quelli che insieme all’Italia hanno aderito il gruppo “Export finance for future”, tra cui Regno Unito, Francia, Belgio, Danimarca, Svezia e Finlandia, hanno già pubblicato nuove politiche per attuare l’impegno.
Invece l’Italia, come fa sapere Reuters, ha intenzione di indebolire l’impegno di interrompere il sostegno al credito per i progetti di combustibili fossili. I paesi di “Export finance for future” stanno in effetti lavorando a una bozza comune che andranno a discutere alla prossima Cop prevista in Egitto e, secondo l’agenzia di stampa internazionale, c’è solo un paese che si è opposto a tale documento. Pare che quel paese sia proprio l’Italia.
L’Ipcc, nel suo ultimo rapporto, ha evidenziato che se la finanza pubblica fosse indirizzata verso le politiche di mitigazione, queste consentirebbero di ridurre le emissioni di CO2 e accelerare la transizione ecologica. Sostenere i finanziamenti verso progetti di combustibili fossili all’estero va nella direzione contraria. L’Italia non deve prendere questa strada.
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