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Nella parte nord occidentale della Sardegna è nascosto un giacimento di energia pulita. Moto ondoso, correnti e maree hanno un potenziale straordinario.
“In Sardegna [il mare] si sente sempre, a cento e cento chilometri dalle coste, che splende nell’aria da ogni lato”, scriveva Elio Vittorini. La natura incontaminata che si svela, le montagne che piegano verso le coste svelando scenari mozzafiato, una cultura antica frutto di una storia per alcuni versi ancora misteriosa ma soprattutto il mare: ecco la ricchezza di quest’isola a cui da oggi si aggiunge un altro tassello. Uno studio Enea ha infatti rilevato come in Sardegna si trovi la più grande fonte di energia rinnovabile del Mediterraneo. Sfruttando il moto ondoso e le maree, si potrebbe fornire energia pulita a moltissime famiglie e cambiare completamente la composizione del mix energetico nel nostro Paese.
Il giacimento di energia rinnovabile si trova nelle acque marine situate nella parte occidentale a nord della Sardegna. Il potenziale energetico del mare in questa area è stato calcolato in 13 chilowatt per metro di costa (kW/m). Se, ad esempio, al largo di Alghero, venisse costruito un mini parco marino da 3 megawatt, si potrebbero produrre oltre 9,3 gigawattora all’anno, soddisfacendo così il fabbisogno di energia elettrica di oltre 2mila famiglie. Una possibilità che apre a nuove prospettive di cui potrebbe beneficiare non solo l’isola ma tutto il nostro Paese: “La Sardegna dispone di un enorme giacimento di energia rinnovabile, tutto ancora da sfruttare” ha sottolineato Gianmaria Sannino, ricercatore Enea e delegato nazionale al Temporary Working Group “Ocean Energy” del SET-Plan (Strategic Energy Technology Plan). Nessun posto nel Mediterraneo ha le stesse potenzialità energetiche, non esistono posti migliori: non lo sarebbe il Canale di Sicilia (7 kW/m), non il basso Tirreno dove il potenziale del mare si ferma a 4 kW, o il Mar Ionio o il Medio Tirreno (entrambi 3 kW/m); men che meno il Mar Ligure (2,5 kW/m) o l’Adriatico (2 kW/m in media) più chiuso e meno profondo.
Oggi come ieri, il mare non smette di offrire opportunità. La tecnologia che sfrutta oggi le maree soni i mulini a marea noti fin dall’antichità. Nel periodo di alta marea, l’acqua del mare veniva raccolta e intrappolata in un piccolo bacino. Al momento del deflusso della marea, l’acqua veniva convogliata attraverso un canale e, sfruttandone la velocità, faceva girare una ruota che a sua volta muoveva una macina. Lo stesso principio viene utilizzato ed esteso dalla tecnologia moderna che utilizza il ritmo dell’innalzamento e abbassamento del livello del mare provocato dall’azione della luna e del sole impiegando turbine reversibili che funzionano sia con marea crescente sia calante.
Ancora in via di sperimentazione è invece lo sfruttamento del moto ondoso. In questo caso, l’energia può essere catturata con il passaggio delle onde in un canale sempre più stretto, come se l’acqua corresse tra le rocce di una insenatura, oppure con generatori a colonna d’acqua oscillante – il metodo attualmente più diffuso – che raccolgono l’energia prodotta dal movimento dell’aria che si sposta per effetto dell’acqua che sale o scende secondo il movimento delle onde all’interno di una struttura in cui viene incanalata.
In Europa, la produzione di energia dalle onde soddisfa attualmente solo lo 0,02 per cento della domanda energetica. Nel 2016, la Commissione Europea ha pubblicato il report “Ocean Energy Roadmap” in cui stima che ci siano le condizioni per riuscire a coprire il 10 per cento del fabbisogno energetico europeo sfruttando il movimento delle onde e quello delle maree entro il 2050. Secondo Sannino, se questo traguardo fosse raggiunto, sarebbe possibile tradurlo concretamente in una quantità di energia sufficiente ad alimentare due intere nazioni come Francia e Grecia, oppure sostituire 90 centrali elettriche a carbone, ossia un terzo degli impianti europei attualmente in funzione. Senza contare che si potrebbe ridurre in modo significativo la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, che oggi genera una bolletta da 400 miliardi di euro l’anno, dovendo coprire oltre il 50 per cento dei consumi.
Lo sfruttamento del mare in termini di produzione di energia potrebbe portare in Europa 450mila nuovi posti di lavoro. Ma il tema dell’energia dal mare è una buona opportunità per le isole, soprattutto per quelle più piccole. Proprio l’Enea insieme al Politecnico di Torino sta lavorando allo sviluppo di una tecnologia denominata Pewec (Pendulum Wave Energy Converter), studiata per raccogliere energia dalle onde di piccola altezza ma elevata frequenza. Al di là della fortunata situazione sarda, una tecnologia di questo genere potrebbe aiutare le tante isole italiane ad abbandonare le vecchie e costose centrali a gasolio. “Una decina di questi dispositivi – ha sottolineato Sannino – potrebbero produrre energia elettrica per un paese di 3mila abitanti, contribuendo in modo significativo anche a contrastare i fenomeni di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde sulla costa e senza impattare in maniera significativa sul paesaggio, visto che i dispositivi sono parzialmente sommersi”.
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