Livorno, a fuoco una raffineria Eni vicina ad un sito contaminato da benzene

Un’esplosione ha generato un incendio all’interno della raffineria Eni di Livorno. Non ci sono né morti né feriti. Un mese fa, la denuncia di Greenpeace.

Prima un boato, poi le fiamme e una colonna di fumo nero visibile a chilometri di distanza. Nel pomeriggio del 30 novembre, un incendio è divampato all’interno della raffineria di Stagno, frazione di Collesalvetti, in provincia di Livorno. Dopo poche ore, le fiamme sono state domate dai vigili del fuoco. Nessun ferito, né vittime, fortunatamente. La Protezione civile del comune di Livorno, a livello precauzionale, ha invitato la cittadinanza a tenere le finestre chiuse.

Cosa è successo a Livorno

L’impianto, di proprietà del colosso Eni, sorge su un’area di circa 150 ettari. Ha una capacità di raffinazione di 84mila barili al giorno e produce prevalentemente benzine, gasolio, olio combustibile e dispone di due linee di produzione di lubrificanti. Secondo i vigili del fuoco, è proprio da una di queste due linee, in particolare da un forno, che è originato l’incendio.

All’interno della raffineria si trova anche una centrale elettrica costituita da due impianti turbogas. Nel 2016, un grande boato avvertito dalla popolazione di Livorno, originò dall’esplosione di una tubazione ad alta pressione all’interno di una caldaia per la produzione di vapore a servizio della centrale termoelettrica.

A ottobre 2021, i vertici aziendali avevano informato i dipendenti che la linea di produzione di carburanti avrebbe chiuso nel 2022, mantenendo invece la produzione di lubrificanti. Alla base di questa scelta, secondo Eni, c’è l’esigenza di avviare un percorso verso la fine dell’utilizzo dei combustibili fossili.

vigili del fuoco
Non ci sono stati né morti, né feriti nell’incendio divampato nella raffineria dell’Eni nei pressi di Livorno © Pixabay

Livelli di benzene oltre i limiti di legge

Un avviso che stride con la realtà. Nella zona industriale Livorno-Collesalvetti non c’è solo la raffineria ma è presente anche un’area contaminata inserita tra i “Siti di interesse nazionale” (Sin) e quindi da bonificare. L’incidente, quindi, non fa che aggravare la situazione ambientale della zona: appena un mese fa, un’unità investigativa di Greenpeace aveva denunciato la presenza di elevati livelli di contaminazione nelle acque e nei terreni, con sforamenti oltre i limiti di legge di benzene, elemento notoriamente cancerogeno per gli esseri umani.

Un accordo tra Eni – la cui pertinenza sull’area è pari al 95 per cento – e regione Toscana, siglato nel 2019, prevede la realizzazione di un nuovo impianto destinato a bruciare ogni anno fino a 200mila tonnellate di plastica non riciclabile e combustibile solido secondario. Con un investimento da 250 milioni di euro, l’obiettivo sarà quello di produrre metanolo da utilizzare come carburante.

L’operazione, secondo Greenpeace, rischierebbe di essere pagata con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). “I bandi per l’economia circolare pubblicati di recente dal ministero della Transizione ecologica prevedono l’erogazione di finanziamenti per realizzare nuovi impianti waste to chemical per la produzione di metanolo/etanolo/idrogeno per plastiche circolari, prodotti chimici e biocarburanti. Un bando che sembra cucito su misura per realizzare il nuovo impianto di Eni nel Sin di Livorno”.

Trasformare gli scarti plastici non riciclabili e usarli come carburanti sposta solo il problema da un comparto ambientale all’altro. L’area necessita invece di una bonifica, prima che altri incendi mettano in serio pericolo – più di quanto stanno già facendo – la vita dei cittadini livornesi.

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