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Londra punta tutto sull’economia circolare
Amministrazioni che scommettono sull’economia circolare con la prospettiva di creare migliaia di posti di lavoro? Per trovarle basta attraversare la Manica.
Trasformare il nostro modello economico, rendendolo più sostenibile, inclusivo e rispettoso del Pianeta e delle persone, è indispensabile. Non stiamo più parlando di “se”, ma di “quando” e “come”. Nessuno, però, nega il fatto che sia un processo difficile, impegnativo, sfidante. Ci vuole una netta volontà politica, supportata da adeguati strumenti finanziari. Senza andare troppo lontano, una grande lezione può arrivarci anche dall’altra parte della Manica. Per la precisione, dai progetti per l’economia circolare appena lanciati da Londra e dal Galles.
Londra vuole recuperare il tempo perduto
Il sindaco di Londra Sadiq Khan e le municipalità londinesi hanno unito le forze, lanciando un piano da 50 milioni di sterline (pari a 58 milioni di euro) per dare slancio all’economia circolare. Capitanato da Liz Goodwin, il programma si svilupperà nell’arco di tre anni. E sarà un tassello fondamentale per raggiungere l’ambizioso obiettivo di trasformare Londra in una città zero-carbon entro il 2050.
Il piano di business è articolato. Tra le altre cose, comprende un acceleratore da 3 milioni di sterline; dall’altro, un fondo di venture capital da 14 milioni; poi, un investimento da 1,5 milioni all’interno di un più ampio fondo per le imprese. D’altra parte, la strada è ancora lunga e il tempo a disposizione è poco. Al momento, infatti, solo quattro municipalità di Londra superano la media nazionale nel tasso di riciclaggio dei rifiuti, pari al 44,9 per cento. E bisogna raggiungere il 65 per cento entro il 2030. Per la capitale britannica, l’economia circolare sarà un toccasana non solo per l’ambiente ma anche per l’economia. Le stime parlano di 40mila nuovi posti di lavoro entro il 2030.
Come funziona il progetto del Galles
Un fondo da 6,5 milioni di sterline (7,5 milioni di euro), dedicato esclusivamente alle piccole e medie imprese. Con l’obiettivo di supportarle concretamente nella transizione a un’economia circolare, migliorando le loro pratiche di riuso e riciclo. Si chiama Circular Economy Capital Investment Fund ed è l’ultima trovata del governo del Galles, annunciata nella prima metà di marzo da Lesley Griffiths, segretaria del gabinetto per l’ambiente e gli affari rurali. Il fondo sarà operativo a partire dal 2019 e si inserisce nel progetto Arid (Accelerating Reprocessing Infrastructure Development), finanziato dai fondi europei per lo sviluppo regionale. Secondo le dichiarazioni delle autorità, il progetto ha già permesso di ridurre, riutilizzare o riciclare rifiuti per un totale di 399 mila tonnellate, evitare 79,5 mila kg di emissioni di co2 e creare 178 nuovi posti di lavoro.
La transizione all’economia circolare, anche in un paese piccolo come il Galles, potrebbe avere un impatto di tutto rispetto. Gli studi citati da Resource parlano di un risparmio che potrebbe arrivare a 2 miliardi di sterline l’anno e di 30mila nuovi posti di lavoro. Il paese d’altra parte è già all’avanguardia rispetto ai suoi vicini di casa britannici, con un 62 per cento nel tasso di riciclaggio dei rifiuti nel periodo compreso tra settembre 2015 e settembre 2016. Se fosse messo a confronto con gli Stati europei, sarebbe al quarto posto. L’obiettivo della strategia “Zero rifiuti” è quello di arrivare al 70 per cento entro il 2025 e al 100 per cento entro il 2050. È proprio in vista di questo ambizioso target che è stato progettato il nuovo fondo pubblico per le piccole e medie imprese.
La filosofia dell’economia circolare
L’economia figlia della rivoluzione industriale ha un approccio prettamente lineare, le cui parole d’ordine dono “prendi, produci, usa e getta”. Ogni prodotto serve a coprire un bisogno specifico e, alla fine del suo ciclo di vita, viene buttato via. La storia ci ha insegnato come questo meccanismo sia insostenibile sia a livello ambientale sia a livello economico. L’economia circolare al contrario è un approccio olistico, in cui ogni prodotto è progettato già nell’ottica di essere in futuro ricostruito, riciclato o trasformato in qualcos’altro, una volta esaurito il suo primo ciclo di vita. In questa visione, il consumatore si trasforma da proprietario del bene a utente che lo “noleggia” solo per il periodo in cui ne ha davvero bisogno.
Foto in apertura © Dan Istitene / Getty Images
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