Un’azienda italiana si è trasformata in un’eccellenza nell’innovazione sostenibile, basata sui principi dell’economia circolare.
Eataly lancia Eataly alla Radice, un progetto per una filiera interamente tracciata e trasparente, dal campo allo scaffale. Si parte con la pasta.
Si chiama Eataly alla Radice ed è il nuovo progetto di filiera promosso da Eataly con il coordinamento scientifico di Università degli Studi di Palermo e Slow Food Italia e verificato da RINA, gruppo multinazionale di certificazione attivo in più di settanta paesi. Lanciato il 15 ottobre a partire da una selezione di formati di pasta di semola di grano duro 100% italiano firmati Eataly (spaghetti, linguine, rigatoni e paccheri), ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare in modo strutturato e trasparente le caratteristiche di qualità, tracciabilità e identità del prodotto.
“Siamo orgogliosi di presentare Eataly alla Radice con la prima filiera dedicata alla nostra pasta, simbolo della nostra cultura gastronomica”, ha commentato Andrea Cipolloni, Ceo Eataly Group. “Questo progetto rappresenta un passo importante nel nostro impegno per costruire un modello di filiera tracciata e trasparente, a beneficio dei nostri clienti e dei produttori con i quali collaboriamo. L’auspicio è che questo percorso possa presto estendersi anche ad altre filiere della linea Eataly Icons, rafforzando il legame tra eccellenza italiana, responsabilità e innovazione.”
Stefania Iacobelli, Head of branded products di Eataly, ha aggiunto: “Eataly alla Radice è un ulteriore passo e arricchimento sui nostri prodotti a marchio che concretizzano i valori del brand e che vengono scelti dai consumatori per la fiducia riposta nella nostra selezione dei produttori”.
Il cuore del progetto Eataly alla Radice è lo sviluppo di un disciplinare tecnico di filiera basato sui principi dell’agroecologia, un insieme di pratiche, politiche e sistemi agricoli che hanno l’obiettivo di migliorare la resilienza climatica, la salute del suolo e dell’acqua, la biodiversità, e i servizi ecosistemici, attraverso la diversificazione delle colture, la conservazione del territorio e l’adozione di sistemi integrati quali agroforestazione o rotazioni.
Questo approccio si sostanzia in quattro aree d’impatto, Terra, Clima, Acqua, Identità, che contengono ciascuna una serie di requisiti che devono essere rispettati da tutti gli attori della filiera, dalla produzione primaria in campo fino alle fasi di trasformazione, confezionamento ed etichettatura, e che si sviluppano in un’ottica di evoluzione e miglioramento continui.
“L’area di impatto Terra contiene i requisiti sulle pratiche di agroecologia”, ha spiegato Chiara Murano, Head of sustainability di Eataly. “Quella di impatto Clima contiene gli standard per la riduzione delle emissioni, l’area impatto Acqua elenca gli standard per la riduzione dell’impatto idrico, l’area Identità raccoglie i requisiti sul rispetto del legame con il territorio e la comunità locale. E gli obiettivi ci portano verso un miglioramento continuo”.
“La transizione richiede coraggio e Eataly lo ha dimostrato. Il disciplinare si basa su principi di agroecologia che vanno oltre il biologico e il residuo zero. La terra è considerata come la risorsa naturale più importante per produrre cibo dunque questo progetto va alla radice, alla tutela del suolo, dei campi, dell’acqua, ma anche del territorio e delle relazioni”, ha dichiarato Francesco Sottile, associato del Dipartimento di architettura dell’Università degli studi di Palermo e vicepresidente di Slow Food Italia.
Il ruolo dell’ente certificatore RINA è stato quello di validare il disciplinare verificando la coerenza tra i requisiti e gli obiettivi, oltre che la chiarezza e la misurabilità degli standard, successivamente di verificare il rispetto dei requisiti all’interno della filiera, controllo che proseguirà in modo costante nel ciclo triennale del progetto. “Questo processo contribuisce a rafforzare la fiducia delle parti interessate e mette in luce l’impegno costante di Eataly nell’offrire prodotti di eccellenza”, ha spiegato Simona Gullace, Head of Food Product Management di RINA.
La filiera della pasta Eataly alla Radice è costituita dai produttori di grano duro, che sono Fondazione Siniscalco Ceci Emmaus e ATS Agri, realtà agricole delle campagne foggiane impegnate in progetti sociali, nella riduzione dei consumi energetici e delle emissioni e nella valorizzazione delle filiere locali che rafforzano il legame tra agricoltura e territorio; dal Molino De Vita, impianto di molitura a conduzione familiare sulle colline dei Monti Dauni sovrastanti l’area pianeggiante della provincia di Foggia, iscritto al Registro delle eccellenze italiane come azienda ambasciatrice del Made in Italy, perché coniuga tradizione e innovazione nella produzione di semole di grano duro; infine, dal Premiato Pastificio Afeltra, realtà storica a Gragnano dal 1848: situato ai piedi dei Monti Lattari e della Valle dei Mulini, il pastificio attinge dal territorio il microclima, le sorgenti d’acqua e un sapere tramandato nei secoli. La trafilatura al bronzo e la lenta essiccazione a bassa temperatura preservano il sapore del grano.
Sulla confezione della pasta Eataly alla Radice un Qr code rimanda ad una pagina contenente l’etichetta narrante realizzata da Slow Food Italia. Qui il consumatore può trovare informazioni sulle pratiche agronomiche, sull’identità culturale del prodotto e approfondimenti sui percorsi di miglioramento. “L’etichetta narrante ci prende per mano e ci fa fare un tuffo nella realtà: è uno strumento semplice ma rivoluzionario, che dà al consumatore un potere immenso e che rappresenta la volontà di essere trasparenti e di dare valore a un modello che si basa sulla cura e il rispetto”, ha detto Serena Milano, direttrice generale Slow Food Italia.
Da sabato 25 ottobre, Giornata mondiale della pasta, la pasta Eataly alla Radice entrerà anche nei menù dei ristoranti con lo Spaghetto Eataly.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Un’azienda italiana si è trasformata in un’eccellenza nell’innovazione sostenibile, basata sui principi dell’economia circolare.
Apple riduce del 60 per cento le emissioni globali e investe in riciclo, energia rinnovabile e processi produttivi a basse emissioni, per un tech più sostenibile.
Il progetto LIFE New4Cartridges, coordinato da Eco Store, si concentra sul mercato delle cartucce d’inchiostro per dare vita a un approccio sostenibile.
Le aziende consapevoli dell’importanza della sostenibilità stanno rivedendo le strategie, puntando sulla formazione Esg come pilastro per il futuro. A partire dalle competenze dei dipendenti.
Per quattro italiani su dieci il packaging di un prodotto ne definisce la sostenibilità e il 54 per cento è disposto a cambiare marca per una con una confezione più sostenibile.
Ecco cosa è emerso dai due talk sul packaging sostenibile organizzati da LifeGate in collaborazione con CCM Coop Cartai Modenese nell’ambito di Marca 2024.
Un progetto europeo che unisce ricercatori e aziende sta studiando come produrre microalghe in modo sostenibile, per promuoverne l’uso a tavola come alimento nutriente e a basso impatto.
Vegan e privi di microplastiche, i cosmetici dei brand Cosnova contrastano l’inquinamento dei rifiuti e promuovono i legami all’interno della comunità.
Il modello economico della Val di Fiemme, in Trentino, si basa sul radicamento al territorio che lega imprese e comunità e sfocia in un benessere diffuso e condiviso che punta alla sostenibilità ambientale e sociale.



