In attesa della sentenza d’appello, Lula deve andare in carcere. Lo ha stabilito la Corte suprema brasiliana che ha respinto la richiesta dell’ex presidente di rimanere in libertà.
Luiz Inácio Lula da Silva, presidente del Brasile dal 2003 al 2011, non può rimanere in libertà in attesa della decisione della Corte d’appello sulla condanna nei suoi confronti per corruzione, e dovrà quindi andare in carcere nel giro di una settimana. Questa è la decisione presa dalla Corte suprema del paese sudamericano il 5 aprile. Lula, tra i fondatori del Partito dei lavoratori, è stato condannato a dodici anni di carcere per avere accettato tangenti dall’impresa di costruzioni Oas. Negando l’accusa, Lula ha fatto ricorso all’appello per la seconda volta chiedendo, inoltre, di non essere incarcerato in attesa del verdetto finale. Ha sempre respinto le accuse contro di lui sostenendo che sono motivate politicamente e hanno l’obiettivo di impedirgli di partecipare alle elezioni presidenziali che si terranno in ottobre.
L’operazione “autolavaggio” è la maxi-indagine sulla rete di tangenti che vede implicati esponenti ai vertici delle élite politiche ed imprenditoriali brasiliane con al centro contratti d’appalto con Petrobras, il colosso petrolifero statale, che ha portato, nel luglio 2017, alla condanna nei confronti di Lula a nove anni e mezzo di carcere. A gennaio di quest’anno, in risposta alla richiesta d’appello del politico, il tribunale di Porto Alegre ha esteso a dodici anni la pena massima per i reati di cui è accusato, cioè di corruzione per avere accettato un appartamento del valore di 3,7 milioni di real brasiliani (pari a oltre 900mila euro) dall’impresa Oas, riciclaggio di denaro e ostruzione alla giustizia.
Lula è stato operaio metalmeccanico e sindacalista, e nel 2002 il primo leader di sinistra a essere eletto presidente del Brasile in quasi mezzo secolo. Ha governato per due mandati consecutivi, il massimo previsto dalla costituzione. In quel periodo il paese ha vissuto una forte crescita economica che ha permesso al governo di finanziare programmi sociali come Bolsa familia, iniziativa per la redistribuzione delle risorse e di accesso al credito, e Fome zero (Fame zero). Questi hanno contribuito a togliere dalla povertà estrema milioni di brasiliani e hanno reso Lula uno dei più politici più popolari del paese.
Nel 2011 al suo posto, dopo elezioni, Dilma Rousseff, sua sostenitrice, poi destituita nel 2016 per un processo di impeachment legato all’accusa di falsificazione del bilancio di stato. Al suo posto si è insediato l’attuale presidente, il conservatore Michel Temer. Lula, intanto, ha annunciato la sua ricandidatura alla prossime elezioni e gli ultimi sondaggi lo danno in vantaggio. Nei giorni precedenti all’emissione della sentenza della Corte suprema sulla possibilità per Lula di rimanere in libertà in attesa del verdetto del tribunale d’appello, in migliaia sono scesi in piazza nelle città brasiliane in manifestazioni sia a sostegno dell’ex presidente che per chiedere la sua immediata carcerazione. Per ora la giustizia brasiliana sembra avere dato ragione a quelli che ritengono Lula colpevole. Ora il paese tiene il fiato sospeso in attesa di sapere quale sarà il destino di uno dei presidenti più amati di sempre.
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