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I rettili marini, appartenenti a una specie minacciata, sono stati trovato intrappolati, ormai senza vita, in una rete da pesca abbandonata.
I corpi esanimi di oltre trecento tartarughe bastarde olivacee (Lepidochelys olivacea), specie classificata come “vulnerabile” dalla Lista rossa della Iucn, sono stati rinvenuti lo scorso 28 agosto dall’Agenzia federale messicana per la tutela ambientale, intrappolati in una rete da pesca abbandonata in mare.
È probabile che proprio la rete abbia ucciso le tartarughe marine, trovate al largo della costa meridionale dello stato di Oaxaca. Gli animali erano rimasti esposti al sole così a lungo che i loro carapaci si erano seccati e incrinati, come documentano le foto scattate dai funzionari messicani.
Le cosiddette “reti fantasma”, ovvero le attrezzature da pesca abbandonate, perse o altrimenti dismesse, costituiscono un grave pericolo per la fauna marina, già abbondantemente provata dalla pesca intensiva, dalle attività antropiche e dall’inquinamento, soprattutto quello causato dalla plastica. Questo fenomeno, secondo uno studio condotto da Fao e Unep, è in costante peggioramento a causa dell’aumento delle operazioni di pesca e dell’introduzione di attrezzature sempre più resistenti, poiché realizzate con materiali sintetici altamente durevoli che impiegano fino a seicento anni per disintegrarsi.
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Queste attrezzature continuano a pescare per anni, uccidendo migliaia di pesci, tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e muoiono lentamente. Secondo quanto riportato dalla World animal protection sarebbero 100mila i mammiferi marini, tra cui foche, trichechi, leoni marini e cetacei, che muoiono ogni anno. Alterano inoltre la composizione dei fondali marini e costituiscono un rischio per le imbarcazioni. Si stima che ogni anno circa 640mila tonnellate di reti abbandonate si diffondono negli oceani del pianeta, costituendo un decimo di tutti i rifiuti marini.
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