Guerre, disuguaglianze e crisi climatica rallentano la corsa agli obiettivi di sviluppo sostenibile: solo il 19 per cento raggiungibili entro 5 anni.
Potrebbe diventare premier, incarico mai rivestito da un indigeno: Simon Bridges, Maori orgoglioso ma conservatore convinto, ha davanti a sé un’opportunità unica per riscattare il suo popolo.
È il primo Maori a diventare leader del principale partito conservatore della Nuova Zelanda. Si chiama Simon Bridges, ha 41 anni e prima di essere eletto parlamentare nel 2008 faceva l’avvocato e il procuratore. Ha un’opportunità incredibile: quella di diventare il primo premier maori della Nuova Zelanda. Per riuscirci, dovrà vincere le elezioni del 2020.
Leggi anche: Un gruppo metal di teenager sta salvando la cultura maori in Nuova Zelanda
Nessun indigeno è stato eletto leader di un partito maggioritario prima d’ora. La Nuova Zelanda ha avuto tre primi ministri donne, attualmente è governata da Jacinda Ardern del Partito laburista, ma l’incarico non è mai stato ricoperto da un Maori. Eppure costituiscono il 15 per cento della popolazione neozelandese e hanno colonizzato il paese centinaia di anni prima dell’arrivo degli europei. Simon Bridges si è detto orgoglioso della sua etnia e intende portare una ventata d’aria fresca nel partito: il National party ha governato per nove anni, fino a settembre del 2017.
“Il mio desiderio è quello di assicurare che la Nuova Zelanda continui a essere un luogo di grandi opportunità e aspirazioni per tutti”, ha dichiarato Bridges. “Sono davvero entusiasta dell’occasione che ho. Spero che i Maori siano fieri di me”. Anche Paula Bennet, scelta come vicepresidente del partito, è indigena. Dopo che al fiume Whanganui e al monte Taranaki sono stati riconosciuti gli stessi diritti di un essere umano a causa della loro sacralità nella cultura maori, questa è un’altra vittoria importante per il popolo.
Quick recap of my first day as Leader of the @NZNationalParty. pic.twitter.com/9XDLPAXZLq
— Simon Bridges (@simonjbridges) 27 febbraio 2018
Simon Bridges si è definito “un conservatore compassionevole”. Nato a Auckland, è stato ministro dell’Energia, si è occupato delle questioni legate ai cambiamenti climatici e si è battuto per la tutela del benessere animale. Si è dichiarato contrario all’eutanasia e nel 2013 ha votato contro la legalizzazione dei matrimoni gay, ma il decreto è stato approvato comunque e Bridges ha confermato che sta funzionando bene. Le sue scelte politiche potrebbero dipendere dal fatto che il padre fosse un pastore battista.
Se nel 2020 Bridges diventasse premier si tratterebbe di un momento storico non solo per la Nuova Zelanda, che sta riscoprendo sempre di più i valori della cultura indigena, ma per il mondo intero. E sarebbe anche un simbolo di riscatto per tutti i popoli che hanno dovuto subire oppressioni e soprusi.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Guerre, disuguaglianze e crisi climatica rallentano la corsa agli obiettivi di sviluppo sostenibile: solo il 19 per cento raggiungibili entro 5 anni.
Sono passati 10 anni da quando l’Onu ha fissato gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, inizia il countdown: ASviS fa il punto della situazione.
Tra inflazione e tagli agli aiuti, i progressi per azzerare la fame nel mondo sono ancora troppo lenti. Lo testimonia il rapporto Sofi2025.
Il futuro dei nomadi dell’India, i Fakirani Jat e i Rabari, è incerto. Tra tensioni geopolitiche e un clima che cambia, il patrimonio antropologico delle popolazioni nomadi è a rischio.
Uno studio di Ipes-Food rivela fino a che punto la produzione di generi alimentari sia legata ancora ai combustibili fossili.
Descritto dai dati delle piattaforme Microsoft, il lavoro d’ufficio è un flusso incessante di mail, riunioni e notifiche che soffocano la concentrazione.
La pista da bob di Cortina, dopo mesi di polemiche, è stata effettivamente costruita. Il commissario di Governo Simico racconta come ha portato in porto il progetto.
Troppe generalizzazioni, troppo spazio a guerre e povertà, poco ad ambiente e cultura e alle voci vere: lo dice il rapporto di Amref e Osservatorio Pavia.
Nel 2024 spesi 2.718 miliardi di dollari in armi, in un clima crescente di tensione. E le guerre rischiano di trasformarsi in profezie che si avverano.
