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Secondo un studio del World weather attribution, le ondate di calore di luglio in Europa sarebbero impossibili senza l’effetto dei cambiamenti climatici.
L’estate non è ancora finita ma sono già pervenuti due notevoli allarmi. Il primo riguarda le recenti ondate di calore che hanno colpito l’Europa, il nord America e la Cina: queste, infatti, non possono più essere considerati semplici eventi climatici occasionali, ma una diretta conseguenza del riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra. Notizie di questo genere non sono una novità ma questa volta a dirlo è il World weather attribution, una delle più importanti organizzazioni accademiche sul clima.
Ma c’è un secondo allarme ed è collegato al primo: queste ondate di calore hanno portato luglio 2023 a stabilire il record storico come il mese più caldo mai registrato (dove “mai” sta a significare che è il mese più caldo dall’Eemiano, cioè circa 120mila anni fa) con temperature medie che superano di 1,5 gradi centigradi la media preindustriale. Questo allarme è stato confermato da un’analisi di Karsten Haustein dell’università di Lipsia, che ha utilizzato dati di previsione fino alla fine del mese per stimare il record di temperatura globale: secondo i dati preliminari, luglio 2023 sarà più caldo di 0,2 gradi rispetto al luglio 2019, che deteneva il record precedente.
Regioni come l’Europa meridionale, alcune parti degli Stati Uniti, il Messico e la Cina hanno sperimentato ondate di calore estreme con temperature che hanno superato i 45 gradi. L’analisi scientifica ha evidenziato come i cambiamenti climatici abbiano amplificato tali fenomeni, rendendoli più intensi, più lunghi e più frequenti. Ad esempio, quella europea è stata resa più calda di 2,5 gradi, quella negli Stati Uniti di 2 gradi e quella in Cina di 1 grado proprio a causa dei cambiamenti climatici.
Inoltre, i risultati hanno dimostrato che tali ondate di calore non sono più rare e che ci si può aspettare che si verifichino con maggiore frequenza: in nord America questi eventi estremi potrebbero verificarsi circa una volta ogni 15 anni, nell’Europa meridionale circa una volta ogni 10 anni, e in Cina circa una volta ogni 5 anni.
Gli scienziati avvertono che, se le emissioni di gas serra non saranno drasticamente ridotte, le ondate di calore diventeranno ancora più frequenti e ancora più estreme. Secondo le proiezioni, se l’aumento della temperatura globale raggiungerà i 2°C e se dunque gli impegni dell’Accordo di Parigi non verranno pienamente rispettati, queste ondate di calore potrebbero verificarsi ogni 2-5 anni. Attualmente, la temperatura media globale è aumentata di circa 1,2 gradi centigradi dalla fine del diciannovesimo secolo.
È importante notare che, sebbene lo sviluppo di fenomeni climatici naturali come El Niño possa avere contribuito con del calore aggiuntivo in alcune regioni, il principale colpevole di queste ondate di calore devastanti rimane il riscaldamento globale causato dalle attività umane.
Haustein sottolinea che, nonostante l’aumento di 1,5 gradi della temperatura media in luglio, ciò non significa che l’obiettivo di restare entro il limite di 1,5 gradi stabilito dall’Accordo di Parigi sia fallito definitivamente. La misurazione del riscaldamento medio avviene su una scala temporale più lunga e, quindi, il fatto che luglio 2023 abbia raggiunto questo livello riflette la necessità di azioni più incisive per ridurre le emissioni.
Non è la prima volta che un mese supera di 1,5 gradi la media preindustriale: era già successo nel 2016 e nel 2020. Questa però è la prima volta in cui ciò accade nell’estate dell’emisfero settentrionale, quando il pianeta è più caldo. Ma il fatto che l’aumento della temperatura di questo mese sia al livello massimo di lungo termine riflette il fatto che, sebbene il limite non sia ancora stato infranto, le azioni per ridurre le emissioni sono ancora inadeguate.
Julie Arrighi del Centro per il clima della Croce rossa sottolinea la necessità di un cambiamento culturale nel modo in cui affrontiamo il caldo estremo: “Il caldo è tra i tipi di calamità più letali. È fondamentale aumentare i sistemi di allarme, i piani d’azione per il caldo e gli investimenti in misure di adattamento a lungo termine. Ciò include la pianificazione urbana e il rafforzamento della resilienza di sistemi critici come la sanità, l’elettricità, l’acqua e i trasporti. Per salvare vite umane in caso di caldo estremo, dobbiamo occuparci delle persone più vulnerabili, tra cui gli anziani, le persone con condizioni di salute precarie, le persone prive di un alloggio e le comunità con un accesso ridotto a spazi freschi che possono essere un’ancora di salvezza in caso di caldo estremo”.
Secondo le Nazioni Unite, gli attuali impegni dei governi porterebbero a un surriscaldamento di 2,8 gradi rispetto ai livelli preindustriali. È cruciale che i principali paesi inquinanti adottino obiettivi e piani più rigorosi alla prossima Cop28, la conferenza sul clima di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Perché solo attraverso sforzi globali congiunti possiamo sperare di proteggere i nostri ecosistemi e le vite umane.
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