Palestina, in Europa la libertà d’espressione è a rischio

Diversi governi europei hanno vietato manifestazioni in favore della Palestina, ma la libertà di espressione e il diritto alla protesta devono essere garantiti.

  • Diverse organizzazioni per i diritti umani temono per la libertà di espressione in Europa.
  • In Regno Unito, Francia e Germania la limitazione alla libertà di espressione e il divieto di manifestazioni in favore della Palestina hanno portato a scontri e diversi arresti.
  • Calciatori, intellettuali e imprenditori presi di mira a causa delle loro posizioni sul conflitto.

Con l’inizio del conflitto tra Hamas e Israele, edifici governativi e monumenti occidentali sono stati illuminati con la bandiera bianca e blu in segno di solidarietà nei confronti delle vittime del 7 ottobre e della popolazione israeliana colpita. Manifestazioni in solidarietà dei civili si sono tenute per tutto il weekend, in Italia hanno partecipato anche diversi politici. Al tempo stesso, decine di migliaia di manifestanti in favore della causa palestinese sono scesi in piazza in città come Parigi, Berlino, Milano, Roma, Madrid e in tante altre città d’Europa e del mondo per protestare contro i bombardamenti sulla Striscia di Gaza.

Proteste pro-Palestina Londra
Manifestazione in solidarietà con la Palestina 21 ottobre 2023 © Mark Kerrison/In Pictures via Getty Images

La reazione dei governi europei davanti alle manifestazioni di solidarietà del popolo palestinese è stata, però, molto dura. Immediatamente dopo il primo weekend di conflitto, i governi francese e britannico hanno diramato ordinanze che vietano manifestazioni e l’esposizione della bandiera palestinese.

Diverse organizzazioni che si occupano di diritti umani, come Amnesty International, hanno espresso il loro timore per la limitazione alla libertà di espressione e di protesta che si sta verificando in diversi Paesi comunitari, in violazione della Carta dei diritti dell’Unione Europea.

Manifestazioni per la Palestina vietate in Europa

Le piazze di Londra si sono riempite di centinaia di migliaia di manifestanti per due sabati di fila, sfidando le direttive del governo. Lunedì 10 ottobre la ministra degli Interni Suella Braverman ha inviato una lettera ai capi delle forze dell’ordine in Inghilterra e Galles in cui ha esortato a reprimere qualsiasi tentativo di esporre bandiere e inneggiare canti che invochino alla libertà degli arabi. In seguito a questa ordinanza sono state arrestate almeno 15 persone durante la manifestazione di Londra del 14 ottobre. 

In Francia, il ministro dell’Interno Gérald Darmanin ha vietato tutte le manifestazioni in favore della Palestina invocando l’ordine pubblico. In seguito all’ordinanza, si sono verificate cariche della gendarmeria contro i manifestanti, in particolare a Parigi, dove sono stati usati anche cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere i partecipanti alla manifestazione. A Strasburgo tredici manifestanti sono stati presi in custodia da parte della polizia, compresi due membri dell’Unione ebraica francese per la pace e il giornalista franco-algerino Taha Bouhafs, nonostante avesse mostrato il tesserino. Secondo la Reuters, a partire dal 12 ottobre sono state arrestate 43 persone e 827 multe.

In contrasto con l’ordinanza del governo francese si è espresso il tribunale amministrativo di Parigi che ha sospeso il divieto emanato dal prefetto, sostenendo che si tratti di una grave limitazione alla libertà di manifestazione. In diverse città francesi, come a Nizza, sono in corso le revisioni delle ordinanze in seguito ai ricorsi degli organizzatori.

Anche Berlino, dove la comunità palestinese è una delle più grandi d’Europa, è stata teatro di repressioni violente di manifestazioni pacifiche. La manifestazione non autorizzata dalle autorità di mercoledì 18 ottobre nel quartiere Neukölln, si è conclusa con diversi scontri che hanno portato all’arresto di 174 persone e al ferimento di 65 agenti. Come in Francia, anche in Germania i giornalisti di origini arabe vengono targettizzati dalle forze dell’ordine. Nazeeha Saeed, giornalista originaria del Bahrain, è stata spintonata dalla polizia mentre copriva le manifestazioni, nonostante la pettorina identificativa.

Oltre a vietare le manifestazioni, le autorità berlinesi hanno imposto il divieto di indossare la kefihay, la sciarpa palestinese, nelle scuole, sostenendo che potrebbe rappresentare una minaccia per la pace. 

La Germania, però, ha un problema con le manifestazioni in favore della Palestina da prima del 7 ottobre. Nel maggio 2022, si è assistito a una campagna di repressione contro palestinesi e manifestanti, quando la polizia di Berlino ha vietato preventivamente cinque eventi registrati per commemorare i 74 anni della Nakba. Oltre 120 persone sono state arrestate e la polizia ha ammesso di aver effettuato profilazione razziale, arrestando chiunque sembrasse palestinese. Nel luglio 2023 a un attivista palestinese con lo status di rifugiato in Germania è stata notificata la revoca della protezione a causa delle sue attività politiche.

Anche in Svizzera, Ungheria e Austria sono state emesse diverse ordinanze per vietare le manifestazioni. 

Minata la libertà di espressione anche dei vip

Le ripercussioni delle decisioni governative non hanno risparmiato la libertà di espressione nemmeno nel mondo della cultura, della tecnologia e dello sport. Adania Shibli è una scrittrice palestinese che avrebbe dovuto ricevere durante la Fiera del libro di Francoforte il premio Literaturpreis 2023, un premio assegnato a un’opera di narrativa eccezionale di una scrittrice proveniente dall’Africa, dall’Asia, dall’America Latina o dal mondo arabo. A causa dell’inizio del conflitto, la cerimonia è stata annullata.

Patty Cosgrave, l’amministratore delegato del Web Summit, una delle più grandi conferenze tecnologiche del mondo, si è dimesso sabato 21 ottobre in seguito al furore suscitato dalle sue dichiarazioni sulla guerra tra Israele e Hamas, che hanno scatenato un boicottaggio di aziende come Google, Amazon, Meta e Intel.

Nel suo tweet, Cosgrave ha criticato la “retorica di alcuni governi occidentali” e sostenuto che “i crimini di guerra sono crimini di guerra anche se commessi da alleati”. Le sue posizioni hanno scatenato polemiche nelle aziende partner della conferenza e, sotto la loro pressione, si è dimesso.

Anche quello che è successo a diversi giocatori ha sollevato preoccupazioni sullo stato della libertà di espressione in Europa. Il Nizza e il Mainz hanno rispettivamente sospeso Youcef Atal e Anwar El Ghazy per i loro tweet in supporto alla Palestina. Lo stesso destino è capitato al giocatore marocchino Noussair Marzaoui, sospeso per qualche giorno dal Bayern Monaco.

La storia più incredibile, però, riguarda il pallone d’oro 2022 Karim Benzema. In seguito alla pubblicazione di un tweet in sostegno della popolazione di Gaza, il giocatore è stato accusato, in diretta televisiva, dal Ministro dell’Interno Darmanin di avere legami con i Fratelli Musulmani, un’organizzazione religiosa e politica considerata terroristica da vari Paesi, tra cui l’Arabia Saudita, dove gioca Benzema.

In seguito alle accuse di Darmanin, la senatrice repubblicana Valérie Boyer ha inviato una lettera al Senato con la richiesta di revoca della cittadinanza al calciatore, nel caso in cui le accuse fossero verificate. L’europarlamentare Nadine Morano e il pubblicitario Frank Tapiro hanno poi accusato Benzema di essere uno strumento di propaganda di Hamas e di essere in contatto con i terroristi. Il calciatore ha annunciato di voler denunciare per diffamazione tutti e quattro. 

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