Popoli indigeni

Australia, gli indigeni denunciano il governo: “Non agendo sul clima viola i diritti umani”

Gli indigeni australiani, minacciati dal clima, chiedono alle Nazioni Unite di far rispettare i diritti umani. È la prima battaglia legale al mondo di questo tipo.

“I cambiamenti climatici minacciano la nostra sopravvivenza. E l’inazione delle autorità costituisce una violazione dei diritti umani”. Come già accaduto in altre nazioni del mondo, un gruppo di cittadini dell’Australia ha deciso di denunciare il proprio governo. Con l’obiettivo di far sì che introduca politiche in grado di diminuire le emissioni di gas ad effetto serra.

Gli indigeni dello Stretto di Torres sostenuti da una ong di giuristi ambientalisti

L’iniziativa legale, avviata lunedì 13 maggio, è condotta dagli indigeni che vivono sulle isole dello Stretto di Torres, nella porzione settentrionale della nazione. La loro denuncia è unica, finora, nel suo genere. Poiché non è stata depositata presso un tribunale ordinario, bensì al Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite: si tratta della prima volta che viene avviata una battaglia di questo tipo.

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Il Comitato è composto da 18 esperti indipendenti, che vigilano sull’attuazione degli accordi internazionali da parte degli stati. L’organizzazione governativa ClientEarth, che accompagna gli indigeni nella loro iniziativa, chiede a tale organismo (la cui sede è a Ginevra, in Svizzera) di confermare lo scarso impegno da parte del governo di Canberra sul tema della lotta ai cambiamenti climatici.

In termini concreti, l’associazione (composta da giuristi ambientalisti) e gli indigeni chiedono che vengano adottate alcune misure immediate per raggiungere le emissioni nette nulle di CO2 entro il 2050. Ovvero, ad esempio, l’abbandono del carbone come fonte di produzione energetica.

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Un gruppo di indigeni australiani dello Stretto di Torres ha deciso di denunciare il proprio governo per inazione climatica. Chiedendo il rispetto dei diritti umani © Lisa Maree Williams

Quindi, a livello locale, si propone lo stanziamento di 20 milioni di dollari australiani (12 milioni di euro) per costruire un sistema di dighe in grado di proteggere le comunità dello Stretto di Torres dall’innalzamento del livello dei mari, provocato dallo scioglimento dei ghiacci polari.

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“È un’iniziativa potenzialmente rivoluzionaria”

“La risalita dell’oceano – ha commentato l’ex relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani, John Knox – minaccia già le case, numerosi luoghi sacri e monumenti. Molti abitanti di regioni insulari temono che le loro terre siano destinate semplicemente a scomparire dalle carte, in mancanza di azioni immediate e urgenti”. L’esperto, docente di diritto presso l’università americana di Wake Forest, ha giudicato in questo senso l’azione legale “potenzialmente rivoluzionaria”.

Ciò in quanto lo stesso Comitato lo scorso anno ha indicato che l’obbligo di proteggere i diritti umani implica anche la protezione dai danni ambientali, compresi quelli derivanti dai cambiamenti climatici. “Questa denuncia dà al Comitato per la prima volta l’occasione di applicare concretamente tale principio, valutando e indicando cosa l’Australia dovrebbe fare per proteggere gli indigeni dello Stretto di Torres”, ha aggiunto Knox.

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