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Il gas Hfc-23, 13mila volte più potente della CO2, era dato in forte calo. Invece, secondo uno studio, ha raggiunto livelli record nell’atmosfera.
Le conferenze internazionali, i rapporti degli istituti di ricerca e le denunce delle ong si concentrano spesso sulle emissioni di biossido di carbonio (CO2). Ovvero il principale gas ad effetto serra di origine antropica, in termini di quantitativo disperso nell’atmosfera terrestre. Ma il processo di riscaldamento di quest’ultima è alimentato anche da altre sostanze. Una di queste, è l’Hfc-23.
Bad news: Levels of a gas 12,400 times more heat-trapping than CO2 have shot up again. It’s called HFC-23 and is used in the manufacture of fridges & air conditioners in developing countries. https://t.co/9hV9NIcC4Z
— Extinction Rebellion NYC ? (@XR_NYC) February 4, 2020
In pochi lo conoscono, anche perché si riteneva che fosse stato sostanzialmente eliminato già negli anni scorsi. Contrariamente ad ogni aspettativa, invece, le concentrazioni di trifluorometano nell’atmosfera terrestre sono cresciute a livelli record, secondo uno studio pubblicato il 21 gennaio dalla rivista scientifica Nature.
Una notizia drammatica, se si tiene conto del fatto che l’Hfc-23 – prodotto secondario necessario alla fabbricazione dell’Hcfc-22, presente nei condizionatori d’aria di tutto il mondo (ma in particolare nei paesi in via di sviluppo) – ha un potere climalterante 13mila volte maggiore rispetto alla CO2. E permane nell’atmosfera per più di due secoli.
Lo studio sottolinea come il problema sia concentrato soprattutto in Cina e in India, nonostante le due nazioni avessero promesso una riduzione drastica. “A partire dal 2015 – scrivono gli scienziati autori del testo – i due stati asiatici che dominano la produzione di Hcfc-22, e dunque sono responsabili anche del derivato Hfc-23, avevano definito dei programmi ambiziosi. Che avrebbero dovuto portare ad un calo dell’87 per cento, a livello globale, entro il 2017”.
Atmospheric concentrations of HFC-23, a greenhouse gas nearly 13,000 times more potent than carbon dioxide, rose faster than ever before from 2015 to 2017, suggesting China and India may not be living up to recent pledges to dramatically reduce emissions.https://t.co/nRTiUtmENT
— InsideClimate News (@insideclimate) February 3, 2020
Tuttavia, prosegue l’analisi dei ricercatori, “tenuto conto dell’ampiezza dello scarto tra le emissioni attese e quelle osservate, è probabile che gli obiettivi di riduzioni dichiarati non siano stati in realtà centrati. Oppure che esista una produzione importante, non dichiarata di Hcfc-22, in grado di spiegare le emissioni non contabilizzate di Hfc-23”. In attesa di comprendere la causa del problema, ciò che è chiaro è che il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Accordo di Parigi diventa sempre più difficile.
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