L’inferno sulla Terra esiste. È nel Ghouta orientale, in Siria

Teatro di un duro conflitto tra le truppe di Assad e i ribelli, la situazione nel Ghouta orientale, in Siria, è precipitata negli ultimi giorni: “È il Medioevo”

Il Ghouta orientale rappresenta un feudo della rivolta contro il regime di Bashar al-Assad in Siria. Un tempo “polmone verde” della capitale Damasco, dal 2013 la regione è assediata dall’esercito regolare. Un’offensiva che negli ultimi giorni ha fatto registrare 320 morti, tra i quali figurano anche 76 bambini, secondo le informazioni fornite dall’Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo.

Nel Ghouta orientale sono presenti più di 400mila civili

Da domenica scorsa, l’aviazione siriana ha avviato infatti una vasta operazione, con un’intensa serie di bombardamenti. Si tratta del preludio ad un probabile attacco di terra, finalizzato a cacciare definitivamente i ribelli dall’area. Ancora abitata, quest’ultima, da più di 400mila civili, costretti a fronteggiare una situazione drammatica dal punto di vista umanitario.

Nella giornata di mercoledì, il Comitato internazionale della Croce Rossa ha chiesto ufficialmente di poter accedere nel Ghouta orientale: “I nostri operatori devono essere immediatamente autorizzati ad entrare nelle zone di conflitto per poter soccorrere i feriti”, ha dichiarato Marianne Gasser, rappresentante in Siria dell’organizzazione. Alcune fotografie e video strazianti circolano sui social network: mostrano genitori alla ricerca dei propri piccoli tra le macerie. Vivi o morti.

Il Guardian parla di “nuova Srebrenica”. Le Nazioni Unite: “Come a Aleppo”

Staffan de Mistura, inviato speciale delle Nazioni Unite in Siria, ha paragonato la situazione del Ghouta orientale a quella di Aleppo, per anni oggetto di una feroce battaglia tra ribelli e esercito regolare, il cui prezzo è stato in gran parte pagato dai civili. Per l’Unicef si tratta di una quadro “degno del Medioevo”. E anche la stampa internazionale descrive ormai la situazione con termini drammatici: il Guardian ha parlato di “nuova Srebrenica”, mentre l’emittente statunitense Cnn ha parlato di “fase critica per i diritti umani”.

Nella serata di martedì le Nazioni Unite hanno annunciato che le bombe lanciate dai caccia di Assad non hanno risparmiato sei ospedali presenti nel Ghouta orientale. Tre di tali strutture sono ormai fuori servizio e due sono operative solo parzialmente. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, ha parlato di “inferno sulla Terra” e ha lanciato “un appello a tutte le parti in conflitto affinché sospendano con effetto immediato ogni azione di guerra e permettano che i più bisognosi possano essere raggiunti dagli aiuti di cui necessitano”.

Le grandi potenze internazionali paralizzate in uno scenario di divisione militare e politica

Dal punto di vista diplomatico, l’obiettivo del capo delle Nazioni Unite è di far votare nei prossimi giorni un progetto di risoluzione che imponga un cessate il fuoco di un mese in Siria. Tuttavia, benché numerose agenzie dell’Onu abbiano condannato la sanguinosa campagna militare, le loro prese di posizione restano per ora tali. Degli endorsement ufficiali alla proposta di Guterres, infatti, sono arrivati solamente dalla Svezia e dal Kuwait. Le grandi potenze della comunità internazionale restano invece sostanzialmente paralizzate, come sottolineato in un editoriale dal quotidiano britannico The Independent, in un contesto di divisione politica e strategica. Il che sta, di fatto, lasciando libero Assad di proseguire la propria offensiva.

La Russia di Vladimir Putin ha tuttavia chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con l’obiettivo di “proporre una via d’uscita”. Mentre la Francia ha invocato “una tregua che permetta di evacuare i civili”. Il presidente della Liberia George Weah, infine, puntato il dito contro Assad: “Col pretesto di lottare contro i terroristi jihadisti, il regime e alcuni suoi alleati hanno deciso di prendersela con la popolazione civile”.

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