Gli orsi nel nostro paese sono una specie a rischio. I motivi? Leggi non rispettate o poco conosciute. E una sempre più palese mancanza di coscienza ambientale.
Green Hill, viaggio nell’inferno dei beagle
Ripercorriamo la vicenda che ha portato all’accusa dei responsabili del centro di allevamento di cani Green Hill.
Green Hill, il nome evoca sensazioni bucoliche e rassicuranti, per chi non sapesse di cosa stiamo parlando. Se invece i cani potessero parlare e chiedessimo a uno dei beagle “ospiti” della struttura quali sensazioni evoca risponderebbe, probabilmente, con un’unica parola: terrore.
Green Hill, situato a Montichiari, in provincia di Brescia, prima di essere chiuso nel 2012, era l’ultimo allevamento italiano di cani destinati alla sperimentazione in vivo. Migliaia di cani, cuccioli e adulti, allevati con lo scopo di essere vivisezionati in nome della ricerca scientifica. A qualcuno può sembrare raccapricciante e inumano, a qualcun altro assolutamente lecito, in base all’assioma (non sempre vero) che le ricerche sugli animali salvano vite umane. Insomma sia che lo reputiate immorale o giusto gli allevamenti che “creano” cavie sono legali.
A Green Hill, però, c’era dell’altro. Cani morti conservati nei freezer, animali privi di identificazione, beagle a cui sono state tagliate le corde vocali o soppressi perché considerati “di seconda scelta”, per evitare l’iscrizione nell’anagrafe canina. Per anni gruppi e associazioni per i diritti degli animali hanno protestato e denunciato le irregolarità del centro, come le eutanasie senza validi motivi di salute, senza ottenere credito.
Ghislaine Rondot, direttrice di Marshall Europe e co-gestore di Green Hill, si è sempre difesa, trincerandosi dietro le dichiarazioni della polizia locale e i verbali della Asl, secondo i quali era tutto in regola. Di altro avviso erano invece le guardie zoofile che avevano denunciato il ritrovamento di decine di cadaveri nei congelatori e centinaia di cani non iscritti all’anagrafe.
La svolta arriva nell’aprile del 2012 quando alcuni manifestanti fanno irruzione nell’allevamento liberando decine di cani dalle gabbie. In un primo momento l’azione sembra ritorcersi contro gli attivisti che vengono processati per furto, violazione di domicilio, danneggiamento e rapina.
Durante il processo la difesa ottiene però il permesso di visitare il centro, per verificare l’effettiva entità dei danni causati dai manifestanti. La perizia evidenzia i problemi dell’allevamento e i maltrattamenti subiti dai cani facendo così nascere una nuova indagine e in seguito un nuovo processo ai danni dei gestori di Green Hill, per maltrattamento e uccisione di animali.
Il 18 luglio 2012 l’allevamento è stato messo sotto sequestro da parte del Corpo Forestale. In un primo momento i cani vengono lasciati ai rappresentanti della Green Hill (gli stessi accusati di maltrattarli), ma successivamente grazie al lavoro delle associazioni, su tutte il Coordinamento Fermare Green Hill, oltre 2.500 animali sono stati dati in affido, per costruirsi una nuova vita lontani dalle sbarre e dalle sofferenze.
Oggi Green Hill è chiuso è non riaprirà più, in base al Decreto legislativo 26/2014 che vieta l’allevamento di cani, gatti e primati destinati alla sperimentazione in vivo.
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