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Palmira dopo lo Stato Islamico, cosa resta oggi dell’antica città della Siria
Le forze armate del governo siriano hanno liberato Palmira dall’occupazione dell’Isis durata dieci mesi. Perché i terroristi vedevano l’antica città siriana come terreno di conquista?
Le forze armate del regime siriano hanno riconquistato la città di Palmira dopo dieci mesi di dominio da parte dello Stato Islamico (Isis). Il 27 marzo i militanti islamisti sono stati cacciati dalla città antica dopo tre settimane di operazioni militari serrate supportate da incursioni aeree russe e dai soldati libanesi.
Durante l’occupazione della città, patrimonio dell’umanità dell’Unesco e soprannominata Sposa del deserto, l’Isis ha distrutto numerosi reperti storici e ha ucciso Khaled al Asaad, l’archeologo 82enne che custodiva le rovine antiche da più di quarant’anni. Il gruppo terroristico ha piazzato almeno 150 mine sparse per tutta la città, come riportato dall’Independent, causando distruzione e morte.
Palmira e l’Isis: i danni
Una prima analisi dei danni effettuata da esperti e dalle autorità sul campo sembra delineare un quadro meno grave di quanto temuto inizialmente. Alcuni siti archeologici si sono salvati, come l’agorà e il teatro romano. “In generale, il paesaggio è in buone condizioni”, ha dichiarato Maamoun Abdelkarim, il direttore delle Antichità del governo siriano, al quotidiano britannico Guardian.
Tuttavia, molti sostengono che colmare i danni inestimabili causati dalla campagna di distruzione dell’Isis sarà impossibile. Infatti l’attivista antigovernativo e residente di Palmira Khaled al Homsi ha affermato che “non potranno mai essere riparati”.
Lo Stato Islamico ha demolito alcune delle antiche rovine che si erano conservate meglio nel corso del tempo, come i templi iconici di Bel e Baalshamin e l’arco di trionfo risalente a duemila anni fa, ha saccheggiato tombe e usato l’anfiteatro della città come palcoscenico per le sue esecuzioni.
L’ideologia e gli interessi dietro la devastazione archeologica
I militanti islamisti in Iraq e in Siria hanno trasmesso pubblicamente e gratuitamente la distruzione delle antichità. In apparenza si tratta di una propaganda mirata a screditare “i miti e le statue che in passato erano venerate al posto di Allah”, come affermato da un membro dell’Isis alla rivista National Geographic. Allo stesso tempo, però, il gruppo terroristico utilizza questi reperti preziosissimi per finanziare le proprie attività.
Palmira non tornerà mai al suo splendore originale. Tuttavia, in attesa di analisi più precise sulle condizioni delle rovine, gli esperti hanno confermato che l’antica esperienza locale nel campo della conservazione verrà subito messa all’opera per restaurare la città al meglio.
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