9 anni di discussioni e il Sudafrica ha la sua carbon tax

Il Sudafrica approva una tassa sulle emissioni per le aziende più inquinanti e promette di svincolarsi dalla sua storica dipendenza dal carbone.

Sono passati nove anni da quando, per la prima volta, in Sudafrica si è iniziata a discutere la possibilità di tassare le emissioni di gas serra. Tra l’incertezza della politica e l’ostruzionismo dei colossi dell’energia, il tempo è passato e il paese si è tenuto stretto al carbone, che gli ha garantito un poco invidiabile quattordicesimo posto nella classifica globale dei grandi inquinatori. Ma qualcosa è cambiato giovedì 21 febbraio, quando l’Assemblea nazionale (l’equivalente della nostra Camera dei deputati) ha votato uno storico “sì” alla legge che introduce una carbon tax.

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Come funziona la carbon tax sudafricana

Come suggerisce il nome, la carbon tax è una sorta di tassa sulle emissioni di gas serra. Per ogni settore produttivo è previsto un tetto di emissioni; se un’azienda lo supera, a partire da giugno 2019 dovrà pagare 120 rand per ogni tonnellata di CO2 in più (l’equivalente di 7,55 euro). Per la prima fase, che va fino al 2022, è prevista un’indennità esentasse fino al 95 per cento.

“La sfida della sostenibilità ci coinvolge tutti. I cambiamenti climatici sono una realtà”, ha dichiarato il ministro delle finanze Tito Mboweni mercoledì, nel suo discorso per la presentazione del bilancio statale.

Come specifica Business Green, che riporta la notizia, perché la misura diventi legge manca soltanto il via libera da parte del Consiglio nazionale delle province (la seconda camera del Parlamento) e del presidente.

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Una decisione attesa e ancora molto prudente

Si conclude così un iter lunghissimo, quasi decennale. La prima idea di carbon tax risale infatti al 2010: tre volte è finita in Parlamento e tre volte è stata rinviata, complice una generale inerzia politica accompagnata all’ostruzionismo dei colossi dell’energia. Nella veste in cui è stata approvata, non si può certo definire come una tassa onerosa, né tantomeno severa. Gradualmente l’importo verrà aumentato, ma con ritmi molto più blandi rispetto alle prime ipotesi.

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Secondo Patrick Curran della London School of Economics, questo è “un passo avanti fondamentale e ben accetto”,  ma non si può certo pensare che scateni una rivoluzione dall’oggi al domani. “Secondo le analisi del governo sudafricano, l’importo attuale della tassa è troppo basso e non sarà sufficiente per permettere al paese di rispettare le promesse (nationally determined contributions) fatte con la sottoscrizione dell’Accordo di Parigi sul clima”, ha dichiarato a Business Green. Non si può fare a meno di alzare l’aliquota, continua, investendo al tempo stesso nelle energie rinnovabili. Gli fa eco Harald Windler, docente all’università di Cape Town, che aggiunge un altro elemento: “Certo, dobbiamo compiere una transizione dal carbone alle rinnovabili, ma ci sono lavoratori e comunità che dipendono dalla filiera del carbone. I proventi della carbon tax dovrebbero essere impiegati per assicurarsi che le fasce più deboli non si impoveriscano ulteriormente”.

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Il presidente del Sudafrica Cyril Ramaphosa © Kremlin.ru / Wikimedia Commons

Il Sudafrica ha bisogno di una svolta green

Ad oggi il Sudafrica ricava ancora dal carbone il 90 per cento dell’energia elettrica e i due terzi dell’energia totale. A partire dalla firma dell’Accordo di Parigi, però, gli impianti eolici e solari hanno iniziato a vendere energia a prezzi più convenienti rispetto a quelli offerti dalle centrali a carbone, minando il monopolio di Eskom, l’utility di proprietà statale. Nel frattempo, gli impianti più vecchi hanno iniziato a mostrare i primi segni di cedimento. E più volte i cittadini sono rimasti al buio. Eskom sta attraversando una profonda crisi, colmata parzialmente dal governo tramite un piano di salvataggio pubblico del valore di 4,3 milioni di euro. Il ministro Mboweni ha promesso che questo intervento pubblico su Eskom sarà funzionale a un’espansione delle fonti pulite. In questi mesi il governo sta lavorando anche a una nuova legge-quadro sul clima, che vuole fare in modo di monitorare (e in seguito ridurre) le emissioni legate a vari settori industriali.

 

Foto in apertura © Charlie Shoemaker/Getty Images

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