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In Messico la pratica del furto di carburante dagli oleodotti ha assunto dimensioni enormi, un business che finanzia la criminalità organizzata e un pericolo per le popolazioni locali e l’ambiente.
Un’esplosione e il relativo incendio di un tratto dell’oleodotto messicano Tuxpan-Tula, nei pressi di Tlahuelilpan, nello Stato messicano di Hidalgo a circa 100 chilometri a nord di Città del Messico, ha causato 85 vittime, 60 feriti e decine di dispersi. L’esplosione, avvenuta venerdì notte, è stata particolarmente devastante perché nei pressi dell’incidente si era creato un affollamento di centinaia di persone arrivate per rubare il carburante che fuoriusciva dall’oleodotto.
#VIDEO | Esto sucedía antes de la fuerte explosión en #Tlahuelilpan #Hidalgo pic.twitter.com/xa6F3pBsgw
— Ricardo Rosas Gutiérrez (@ricardrgtz) 19 gennaio 2019
“Quello che sappiamo è che si trattava di un sito illegale per il furto di carburante e che le autorità ne erano a conoscenza”, ha detto il governatore Omar Fayad. Il governo aveva infatti mandato l’esercito per controllare la situazione.
La pratica del furto di carburante, conosciuta anche come “huachicoleo“, è molto diffusa e costa al Paese miliardi di dollari l’anno, tanto che ha spinto il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, insediatosi a dicembre, a lanciare un’offensiva contro i ladri di carburante che causano pericolose perdite negli oleodotti. Nelle scorse settimane migliaia di soldati erano già stati messi a guardia degli oleodotti su disposizione del governo.
#Tlahuelilpan. Duro cartón de @rodriguezmonos. Sin palabras pic.twitter.com/64PSVChxGq
— Jenaro Villamil (@jenarovillamil) 20 gennaio 2019
I combustibili fossili non uccidono solo per inquinamento e guerre, ma anche per gli incidenti come questo, dove alla base ci sta sempre la necessità di approvvigionamento.
L’incidente di Tlahuelilpan è sicuramente uno dei peggiori legato al furto di combustibili fossili negli ultimi anni. Nel 2010, ventisette persone sono state uccise e dozzine sono state ferite, oltre alla distruzione delle case, in un’esplosione a San Martín Texmelucan de Labastida, una città nello stato di Puebla, e anche in quel caso, secondo i funzionari, l’esplosione era stata causata dal prelievo illegale di combustiubile
Il furto di carburante è sempre stato un problema in Messico, anche se fino a qualche anno fa le autorità lo consideravano un costo del business dei combustibili fossili. La situazione ha iniziato a peggiorare un decennio fa, quando gruppi di criminalità organizzata hanno diversificato il loro portafoglio business illegale con il furto di carburante. Nei primi dieci mesi del 2018, le autorità hanno rilevato oltre 12.500 acquisizioni illegali, quasi il doppio di quelle rilevate in tutto il 2016 e un aumento quasi ventisette volte superiore a quello di un decennio fa.
L’aumento dei prezzi del petrolio a livello internazionale ha reso il commercio illegale di carburante un crimine particolarmente redditizio.
La maggior parte dei furti avviene per mezzo di perforazioni delle condotte che portano la benzina dai porti del Paese e dalle raffinerie ai centri di distribuzione. Sebbene gran parte del sistema di oleodotti sia sotterraneo, gli huachicoleros sono comunque in grado di accedervi. Una volta perforate le condotte con trapani ad alta potenza vengono montati dei rubinetti dai quali poi viene prelevato il carburante.
Molte organizzazioni illegali sono riuscite a cooptare con tangenti o mezzi violenti vari funzionari di governo per poter agire indisturbati e ad avere il sostegno delle popolazioni locali grazie a offerte di lavoro nella filiera, come le sentinelle o i trasportatori di carburante. Così facendo il mercato nero della benzina a basso costo si è fatto spazio diventando una piaga politica, economica, sociale e ambientale per il Messico, per questo il presidente Manuel López Obrador ha dichiarato guerra a questo tipo di attività.
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