Il brand del gruppo cinese Chery annuncia il debutto di modelli ibridi ed elettrici più compatti e accessibili. Mentre procede l’impegno sui progetti ambientali.
Ridurre le emissioni, potenziare la tecnologia ibrida e passare all’elettrificazione della gamma. La sostenibilità permea il futuro di Porsche. Un’evoluzione epocale.
La riduzione delle emissioni inquinanti è, definitivamente, l’orizzonte cui guarda la mobilità a quattro ruote. Un’onda che cresce e ogni giorno acquisisce maggiore forza, tanto da coinvolgere persino quei brand che, sino a una decina d’anni fa, erano concentrati verso obiettivi distanti dal rispetto ambientale. È il caso di Porsche, celebre per le proprie vetture sportive e ora indirizzata non solo verso la prestazione e la tecnologia, come da tradizione, ma anche verso un futuro sostenibile, definito a chiare lettere dal nuovo piano programmatico che spazia dalla tecnica delle vetture allo sfruttamento delle risorse energetiche, dalla ricaduta sociale del mercato del lavoro all’affinamento delle strategie produttive.
Non rinnegheranno mai il culto per le prestazioni. Non realizzeranno mai una vettura che non abbia un forte impatto emozionale. Non daranno mai vita a un’auto “di servizio”. Come nella favola della rana e dello scorpione, i tecnici Porsche non potranno mai tradire il proprio istinto. Lavoreranno, però, in una direzione sinora solo parzialmente imboccata dalla casa di Stoccarda con la Suv ibrida plug-in Cayenne e la berlina Panamera, anch’essa ibrida e dotata di batterie ricaricabili mediante la comune rete domestica; lavoreranno per l’elettrificazione dei nuovi modelli e, in generale, la riduzione delle emissioni dell’intera gamma. Il primo passo epocale, in tal senso, è già stato compiuto con la presentazione nel 2015, in occasione del Salone dell’auto di Francoforte, della concept Mission E; ora, però, il programma green del costruttore tedesco riceve una netta accelerazione grazie al rilascio del secondo report sulla sostenibilità del brand, sèguito del documento originale del 2014.
“Ridurre del 10 per cento le emissioni e il fabbisogno di carburante di ogni nuovo modello – ha affermato Oliver Blume, amministratore delegato della Casa tedesca – è uno degli obiettivi prioritari di Porsche. Una strada percorribile da subito attraverso il contenimento delle cilindrate e l’introduzione della sovralimentazione, come fatto nel caso delle sportive più recenti (serie 911 e 718), nell’immediato futuro con l’estensione della tecnologia ibrida plug-in e, dopodomani, con la progressiva elettrificazione della gamma”. “L’utilizzo responsabile delle risorse è la chiave per restare competitivi nel lungo periodo – ha proseguito l’amministratore delegato della factory di Stoccarda – anche a livello industriale, come dimostrato dal nostro stabilimento di Lipsia che garantisce emissioni di CO2 inferiori di 12mila tonnellate rispetto allo standard. Il nostro orizzonte è, e deve essere, socialmente accettabile”.
La sport utility Cayenne e la berlina Panamera, oltre alla hypercar a tiratura limitata 918 Spyder, hanno concretizzato l’impegno Porsche per la riduzione delle emissioni condividendo la tecnologia ibrida. La svolta epocale per la Casa di Stoccarda è però arrivata, come accennato, nel 2015, con l’introduzione della concept Mission E. Destinata a entrare in produzione entro il 2020, la show car tedesca anticipa la prima ammiraglia elettrica, oltre che la prima vettura a ridotte emissioni prodotta in grande serie, della storia Porsche. Perché diventi realtà entro la fine del decennio, il costruttore teutonico ha stanziato 700 milioni di euro e deliberato l’assunzione di mille nuovi dipendenti. Una rivoluzione. Considerata l’anti Tesla per eccellenza, Mission E può contare su 600 cv e uno scatto da 0 a 100 chilometri orari h in 3,5 secondi, 500 chilometri d’autonomia e la possibilità di ricaricare le batterie dell’80 per cento in solo 15 minuti. Valori da record, legati all’operato di due motori sincroni a magneti permanenti abbinati alle quattro ruote motrici e alla sterzatura integrale.
Porsche Mission E, al di là del successo commerciale che otterrà o meno, costituisce uno spartiacque tra passato e futuro: afferma il principio secondo il quale la massima espressione della tecnologia, anche per un brand iper sportivo come Porsche, non può prescindere dalla sostenibilità ambientale. Un trend confermato in tempi recenti tanto dal successo della berlina elettrica Tesla Model 3 quanto dall’attenzione dei marchi generalisti per i modelli “puliti”, basti pensare a Toyota e Renault che vantano gamme complete votate alla mobilità sostenibile, senza dimenticare la propensione dei costruttori premium ad affinare i prodotti già esistenti, vedasi il sensibile incremento d’autonomia della compatta elettrica BMW i3. Il vento è cambiato e ora soffia nella direzione giusta.
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