Si può vincere — senza Fukushima — la lotta contro il riscaldamento globale

Sì può votare sì contro i rischi anche senza Fukushima, senza un disastro in corso? Il 17 aprile serve un sì di cuore e di ragione.

Un sì di per amore di quella Madre Terra richiamata nell’enciclica Laudato Si’ non a caso rivolta a credenti e non credenti. Ma serve anche un sì molto razionale pensando a quella prevenzione dei rischi di cui si parla spesso solo durante i disastri e pensando al futuro economico dell’Italia, del Mediterraneo, del pianeta fatto di sostenibilità vera, rinnovabili e produzione distribuita di energia e di beni oltre la vecchia economia basata su fossili, inquinamento e centralizzazione.

Vincere senza bisogno di un disastro

Per capire i rischi delle trivellazioni basterà ricordare il disastro della British Petroleum nel Golfo del Messico nonostante le misure di prevenzione e le rigorose regole ambientali americane? Basterà rivedere i servizi sui danni ad ambiente e agricoltura delle trivellazioni nostrane nelle campagne della Basilicata? Riusciremo a votare Sì per evitare i rischi gravissimi delle trivellazioni anche senza un disastro petrolifero in corso qualche area famosa o del nord del globo che ci richiami questo problema alla vigilia del referendum?

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I lavoratori della centrale di Fukushima Daiichi © Christopher Furlong/Getty Images

E dico in un posto famoso perché purtroppo le fuoriuscite di petrolio dai pozzi a mare o in terraferma nei paesi più poveri del mondo sono quotidiani ma lontani dalle telecamere dai media occidentali. Ecco perché insieme agli amici di LifeGate lancio la sfida a ricordare i pericoli scientificamente validati specie in un’area fragile come il Mediterraneo e ciò che è già accaduto e dimostrare che possiamo vincere anche senza un disastro in corso rilanciato dai media tradizionali.

Non dimenticare Chernobyl e Fukushima

La sfida del web può e deve essere quella di riattivare la memoria contrastando la campagna di distrazione di massa che il governo, i petrolieri e i media da loro controllati o foraggiati faranno per nascondere il referendum. L’11 marzo 2011, 5 anni fa, il disastro di Fukushima confermava, dopo 25 anni da quello di Chernobyl, che la tecnologia della fissione nucleare restava ad altissimo rischio. E quella volta un incidente di tale gravità accadeva in Giappone, un paese super tecnologico e ossessionato da programmazione, prevenzione ed esercitazioni di protezione civile.

Protesta contro il nucleare in Inghilterra
Un manifestante mascherato ricorda il disastro di Fukushima durante una protesta contro il nucleare in Inghilterra (Photo by Matt Cardy/Getty Images)

Quindi non si trattava della obsolescenza di una centrale nucleare in area di influenza sovietica ma della conferma della intrinseca non controllabilità di quella tecnologia. Per non parlare del problema irrisolto e ogni anno più grave nei paesi “nucleari”delle scorie radioattive resistenti per migliaia o decine di migliaia di anni e disseminate spesso in siti provvisori e tutti assolutamente inadeguati alla pericolosità di quei rifiuti.

Il No al nucleare del 2011

Certamente l’eco planetaria di un allarme radioattività arrivato fino alla grande area metropolitana di Tokyo e l’inquinamento a mare e nel pescato hanno inciso fino in Italia nell’affluenza alle urne e sulla strepitosa vittoria dei sì al referendum su acqua pubblica e nucleare del giugno 2011. Quel voto affossò i folli e anacronistici progetti atomici del governo Berlusconi purtroppo non sgraditi anche a quel pezzo di sinistra industriale ideologicamente schiava del fascino di ogm, trivellazioni,grandi opere e grandi poteri. La grande mobilitazione sul web riuscì a far sapere a tanti che si votava e su cosa.

Oggi come ieri manca informazione

Dopo anni la maggioranza assoluta degli elettori si recò alle urne e vinse il sì. Ma Berlusconi aveva comunque fatto il possibile per boicottare il voto:poco spazio televisivo, no ad accorpamento tra elezioni amministrative e referendum per evitare il raggiungimento del quorum, notizie inventate sui rischi di perdere i posti di lavoro connessi alla costruzione dei nuovi impianti. Questo atteggiamento vi ricorda per caso ciò che sta facendo il governo Renzi per boicottare il voto sulle trivellazioni? È così. Anzi si è aggiunto lo sfregio di convocare gli elettori per la prima volta nella storia dei voti referendari a metà Aprile in modo da ridurre al minimo la campagna elettorale per impedire un’adeguata informazione. Contro questi boicottaggi dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi per diffondere buona informazione e faccio appello a tutta la comunità di amici di LifeGate per creare una rete di attivisti per il sì. Usiamo il web ma anche i tanti luoghi di lavoro, svago, familiari e di impegno sociale o religioso per far sapere che si vota il 17 aprile e perché votare sì.

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