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Ex bambini di strada guidano i turisti nella vita nascosta della capitale. Sono 11 milioni i bambini che in India vivono sui marciapiedi.
Il 17 ottobre è la Giornata mondiale per la lotta contro la povertà. Luci, ma anche parecchie ombre, nei nuovi dati pubblicati dalla Banca mondiale.
Esattamente 25 anni fa, le Nazioni Unite hanno stabilito che il 17 ottobre è la Giornata mondiale contro la povertà. Proprio in occasione di questa ricorrenza, la Banca mondiale rende noti i numeri della povertà nel mondo. Se è vero che alcune notizie fanno ben sperare, è vero anche che abbiamo ancora di fronte una strada molto lunga se vogliamo davvero azzerare la povertà entro il 2030, come previsto dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu (Sdgs).
Nel 2015 (l’ultimo anno per cui sono disponibili dati attendibili) il 10 per cento della popolazione globale viveva in condizioni di povertà estrema. È la percentuale più bassa che sia mai stata registrata, poiché è scesa di punto percentuale rispetto al 2013. La definizione di “povertà estrema” si applica alle persone che vivono con meno di 1,90 dollari al giorno: queste erano 736 milioni nel 2015, cioè 68 milioni in meno rispetto a due anni prima.
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“Negli ultimi 25 anni, più di un miliardo di persone si sono risollevate dalla povertà estrema. Nella storia non è mai stato registrato un tasso di povertà globale così basso. Questo è uno dei più grandi traguardi raggiunti dall’umanità ai nostri giorni”, ha dichiarato il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim.
Non possiamo ancora cantare vittoria, però. Le Nazioni Unite infatti hanno stabilito che, nell’arco di soli dodici anni da adesso, la povertà non dovrà “semplicemente” diminuire. Dovrà proprio scomparire, in ogni sua forma, in tutto il mondo. Se vogliamo raggiungere questo obiettivo, continua Jim Yong Kim, “abbiamo bisogno di molti più investimenti, in particolare nel capitale umano, per promuovere la crescita inclusiva e raggiungere le persone che vivono ancora in condizioni di povertà. È per loro che non possiamo fallire”.
Se andiamo a scandagliare nel dettaglio i dati della Banca mondiale, scopriamo fratture molto profonde che dividono i cinque continenti.
Regione | Incidenza della povertà | Numero di persone povere (milioni) | ||
---|---|---|---|---|
2013 | 2015 | 2013 | 2015 | |
Asia orientale e Pacifico | 3,6 | 2,3 | 73,1 | 47,2 |
Europa e Asia Centrale | 1,6 | 1,5 | 7,7 | 7,1 |
America Latina e Caraibi | 4,6 | 4,1 | 28 | 25,9 |
Medio Oriente e Nordafrica | 2,6 | 5 | 9,5 | 18,6 |
Asia meridionale | 16,2 | 12,4 | 274,5 | 216,4 |
Africa subsahariana | 42,5 | 41,1 | 405,1 | 413,3 |
Totale | 11,2 | 10 | 804,2 | 735,9 |
La crescita economica della Cina, da sola, è riuscita a risollevare dalla povertà milioni di persone. Nei paesi dell’Asia orientale e del Pacifico il tasso medio di povertà nel 1990 era circa del 62 per cento: incredibile il confronto con il 2015, in cui è sceso al di sotto del 3 per cento. Queste due regioni hanno ottime performance anche sul fronte della prosperità condivisa, cioè sulla capacità di allargare a tutti (anche alle fasce di popolazione meno abbienti) i benefici dello sviluppo economico. Per misurare questo indicatore si tiene d’occhio la crescita del reddito medio del 40 per cento più povero della popolazione, che tra il 2010 e il 2015 è stata del 4,7 per cento annuo in Asia orientale e del 2,6 per cento annuo nel Pacifico.
Nel Medio Oriente e nel Nord Africa, paradossalmente, l’incidenza della povertà si è addirittura aggravata e una persona su sette vive in condizioni igieniche inferiori agli standard di base. I principali responsabili sono i conflitti in Siria e Yemen.
La zona più critica è senza dubbio quella dell’Africa subsahariana, dove ad oggi vivono 413 milioni di poveri e con ogni probabilità nel 2030 il tasso di povertà, ben lungi dall’azzerarsi, rimarrà ancora a doppia cifra. Il paese con il più alto numero di poveri al mondo (ben 87 milioni di persone) è la Nigeria, che così supera l’India in questa poco invidiabile classifica. Praticamente tutti i paesi più poveri in assoluto (26 su 27) si trovano nell’Africa subsahariana: se le cose andranno avanti così, senza cambiamenti di rotta importanti, nel 2030 in questa regione abiterà l’87 per cento delle persone in condizioni di povertà estrema.
26 of the world’s 27 poorest countries are in #SubSaharanAfrica. As we work to #EndPoverty, we cannot allow millions in the region to be left behind: https://t.co/FLsqYXvsme #CountPovertyOut #EndPovertyDay pic.twitter.com/s8OsVbIpwt
— World Bank (@WorldBank) 18 ottobre 2018
L’indicatore di povertà assoluta è uno dei più importanti e significativi, ma non è l’unico. Per approfondire le valutazioni, la Banca mondiale ha individuato una seconda soglia, che è pari a 3,20 dollari al giorno nei paesi in via di sviluppo e a 5,50 dollari al giorno nei paesi industrializzati. Ebbene, in tutto sono 3,4 miliardi le persone che hanno un reddito più basso rispetto a questi valori standard e che, di conseguenza, faticano ad assicurarsi i prodotti e i servizi di base. Considerato che la popolazione globale si attesta sui 7,5 miliardi di persone, quelle che possono dirsi povere sono quasi la metà del totale.
In 2015, over 25 percent of the world’s population lived on less than $3.20 a day, and nearly half lived on less than $5.50.
On #EndPovertyDay, learn more about our new poverty lines. Sign up here–> https://t.co/CN9xHSZ2xs #CountPovertyOut #EndPoverty pic.twitter.com/Q4eGuhN0Dg
— World Bank (@WorldBank) 18 ottobre 2018
La Banca mondiale sottolinea un’altra notizia in chiaroscuro: la lotta alla povertà sta continuando, sì, ma a un ritmo più lento rispetto al passato. Nei 25 anni compresi fra il 1990 e il 2015 il tasso di povertà estrema è passato dal 36 al 10 per cento, scendendo così di un punto percentuale ogni anno. Nell’ultimo biennio invece la discesa è stata pari soltanto a mezzo punto percentuale l’anno. Secondo le stime preliminari della Banca mondiale, entro la fine del 2018 è probabile che la povertà estrema coinvolga l’8,6 per cento della popolazione mondiale.
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