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“Consuma di meno un vegano in automobile che un carnivoro in bicicletta”. Basta un semplice paradosso, a Louie Psihoyos, per spiegare il senso del suo film Racing Extinction, un lavoro “per il quale ci sono voluti sei anni di lavoro ma sul quale in realtà sto ancora lavorando”. Per esempio proiettandone le immagini sulla facciata
“Consuma di meno un vegano in automobile che un carnivoro in bicicletta”. Basta un semplice paradosso, a Louie Psihoyos, per spiegare il senso del suo film Racing Extinction, un lavoro “per il quale ci sono voluti sei anni di lavoro ma sul quale in realtà sto ancora lavorando”. Per esempio proiettandone le immagini sulla facciata dell’Empire state building a New York o su quella della basilica di San Pietro a Roma, come in occasione dell’apertura del Giubileo straordinario nel dicembre scorso, e reinserendo il girato degli eventi nel film.
Ora Racing Extinction, la corsa verso l’estinzione, è sbarcato anche in Parlamento per iniziativa del deputato del Movimento 5 stelle Paolo Bernini, dopo essere stato visto da 36 milioni di persone nel mondo su Discovery Channel. E nell’occasione Psihoyos, già premio Oscar per The Cove nel 2010, ha spiegato così la genesi del suo documentario: “Ho passato dieci anni a occuparmi del periodo di dinosauri e ho avuto modo di documentarmi sulle estinzioni di massa, sono eventi che si sono sempre ripetuti nella storia. Oggi viviamo l’età dell’uomo ma ci stiamo preparando alla distruzione della metà delle specie esistenti entro la fine del secolo, una vera e propria estinzione di massa delle specie”. Che rischia di ripetersi.
Il film, come dice Bernini, mostra tutte le emergenze causate dall’uomo. “Da ateo, sono rimasto impressionato dalle immagini sulle basilica di San Pietro e dobbiamo tutti impegnarci a salvare il pianeta. Ognuno deve dare il proprio contributo, anche mostrando realtà che facciano indignare e smuovere all’azione”. Dalla mattanza dei delfini della baia di Tai Ji in Giappone a quella degli squali e delle mante in Indonesia, dagli sversamenti petroliferi nel Golfo del Messico agli effetti del clima sulle isole Galapagos, il film mette in mostra, anche con immagini forti, le vere devastazioni causate dall’uomo sull’ambiente e che secondo l’autore “potrebbero portare a una nuova estinzione delle specie”.
Secondo lo zooantropologo Roberto Marchesini, l’ipotesi di una sesta estinzione tracciata dal film è molto preoccupante e non riguarda singole specie: “È tutta l’ecologia del pianeta che si sta estinguendo. Il consumo di carne, stile di vita esportato dall’Occidente, è il vero problema. È una battaglia culturale da vincere, insieme a quella del superamento dell’antropocentrismo”.
Il comandante del servizio Cites (Convenzione di Washington sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione) del Corpo forestale, Raffaele Pio Manicone, ha evidenziato un legame spesso sottovalutato come quello tra terrorismo e distruzione dell’ecosistema: “L’Isis si finanzia in Africa con un traffico illecito da 200 miliardi di dollari annui di avorio, carbone dalla deforestazione, legno tropicale”: altro segnale che la sfida da affrontare è multipla e globale. Ma secondo il direttore responsabile delle testate giornalistiche di LifeGate, Stefano Carnazzi, “Racing Extinction ha tutti gli elementi per colpire nel segno: interessa, sovverte e risponde a una domanda sociale. Alterna immagini splendide ad altre raccapriccianti e consente una interazione: fa pensare che corriamo il rischio di non vedere più certe meraviglie, come i paesaggi toscani fotografati da Gianni Berengo Gardin e che ora purtroppo non esistono più”.
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