Rapporto svela: 42 miliardi di dollari dal G7 al carbone

Italia, Germania e Giappone ai primi posti per investimenti nel carbone. Denaro che spesso passa attraverso canali poco chiari.

2,5 miliardi solo nel 2015, mentre sono 42 nel periodo compreso tra il 2007 e il 2015. Sono i finanziamenti da parte dei Paesi del G7 al carbone. A renderlo noto il nuovo rapporto “Swept Under the Rug: How G7 Nations Conceal Public Financing for Coal Around the World”, redatto dal Natural Resources Defense Council (Nrdc), dal Wwf e da Oil Change International e reso pubblico a pochi giorni dall’inizio dei lavori in Giappone previsti per il 26 e 27 maggio.

 

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Lavoratore in una miniera di carbone. China Photos / Getty

 

Ed è proprio il Giappone a risultare tra i più ferventi sostenitori, “con finanziamenti pari a più di 22 miliardi di dollari per impianti a carbone all’estero nel periodo 2007-2015”, riporta il Wwf Italia in una nota.  A seguire Germania con 9 miliardi, gli Usa con circa 5 miliardi, la Francia con 2,5 miliardi, l’Italia con 2 miliardi di dollari, il Regno Unito con 1 miliardo e il Canada con meno di 1 miliardo.

 

 

Tutti Paesi firmatari l’accordo di Parigi, che però continuano ad investire in una delle fonti fossili più inquinanti. Numeri ancor più rilevanti se si considerano gli ultimi dati presentati dall’Unep a Nairobi alla seconda Assemblea delle Nazioni unite per l’Ambiente: sono 7 milioni le persone che ogni anno muoiono in tutto il mondo, anche a causa dell’inquinamento da combustibili fossili.

 

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Il grafico mostra gli investimenti negli anni.

L’Italia uno dei maggiori finanziatori del carbone

“Dai dati in nostro possesso emerge che l’Italia nel 2015 ha aumentato, non diminuito, il finanziamento del carbone”, dichiara Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf. “Risale proprio alla seconda metà dell’anno scorso la garanzia per il finanziamento, pari a 632 milioni di dollari, da parte dell’agenzia italiana di credito allen esportazioni Sace, per un impianto a carbone nella Repubblica Dominicana”.

 

Ma il rapporto sottolinea come i numeri siano sottostimati perché “i finanziamenti viaggiano attraverso canali opachi e poco chiari come istituti di credito all’esportazione (attraverso 11 importanti istituzioni internazionali, come la Banca Mondiale, la Banca del Giappone per la cooperazione internazionale, Euler Hermes e Nippon Expert and Investment Insurance) che tengono nascosto il loro sostegno allo sviluppo dei combustibili fossili”.

 

Tanto più che, secondo le ultime ricerche scientifiche, l’82 per cento del carbone, il 49 per cento del gas naturale e il 33 per cento del petrolio, non dovrebbero essere estratti per mantenere le temperature sotto i 2 gradi centigradi entro il 2050. “I paesi del G7 e le istituzioni multilaterali – conclude Midulla – dovrebbero fermare immediatamente i progetti di finanziamento di fonti di energia sporca e incoraggiare gli investimenti in energia pulita e rinnovabile. Sono questi i passi da intraprendere per proteggere il nostro pianeta e le generazioni future”.

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